Papa in Iraq, Sako: «Non viene a difendere i cristiani. Viene per tutti gli iracheni»

Il patriarca di Babilonia dei Caldei racconta all’Agenzia Fides l’attesa per l’arrivo di Francesco, il 5 marzo. «Sa che tutti hanno sofferto, non solo i cristiani»

Parla di «un entusiasmo straordinario, che coinvolge tutti», il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, raccontando all’Agenzia Fides l’attesa dell’Iraq per la visita di Papa Francesco, dal 5 all’8 marzo. «A volte sembra quasi che i musulmani siano più contenti dei cristiani. Noi abbiamo decorato le nostre chiese ma tutti gli iracheni hanno decorato le loro città. Ci sono bandiere vaticane e manifesti di benvenuto dovunque, anche a Najaf, anche a Nassiriya. E a Mosul, la città che si presenta ancora con tutte le sue ferite. I musulmani hanno composto canti per accogliere il Papa».

Nessuna paura, dunque, «né per lui, né per gli iracheni. Questa visita – prosegue il cardinale – è come un sogno che diventa realtà. Il Papa non viene a difendere e proteggere i cristiani. Non è il capo di un esercito. Papa Francesco incoraggerà i cristiani, porterà loro conforto e speranza per aiutarli a perseverare, a sperare e anche a collaborare con gli altri cittadini. Non viene ad alimentare il settarismo, come fanno altri. Viene per tutti gli iracheni, non solo per i cristiani. Sa che tutti hanno sofferto, non solo i cristiani. E come Pastore, incoraggerà i cristiani a rimanere, a sperare, a ricostruire la fiducia con gli altri».

Il patriarca non condivide nemmeno le formule di chi ripete che il Papa arriva in Iraq per “fermare il genocidio” dei cristiani. «Se c’è stato un genocidio – ricorda -, esso ha colpito tutti: i cristiani e ancora di più gli yazidi, ma anche sciiti e sunniti, in numero più alto. Non bisogna separare i cristiani dagli altri, le sofferenze dei cristiani da quelle degli altri, perché in quel modo si alimenta la mentalità settaria. Il Papa, invece, parlerà della fratellanza umana e anche della fratellanza spirituale. Chi tira in ballo l’espressione “genocidio” spesso lo fa per perseguire altri intenti, intenti politici».

Al centro della visita di Francesco, le vicende di tanti nuovi martiri cristiani iracheni. Il martirio, sottolinea Sako, «non è un eroismo suicida: è l’espressione più alta di amore. Noi delle Chiese orientali, nelle terre di quella che era l’antica Mesopotamia, non abbiamo mai goduto di uno splendore mondano – ricorda -. La Chiesa qui non è mai stata Chiesa imperiale o Chiesa di Stato. Dunque la gloria e la bellezza di questa Chiesa è tutta interiore, risiede nella vita di fede dei cristiani. E questi martiri, non solo quelli del passato, ma anche quelli di oggi, hanno offerto la vita per amore di Cristo. Sono loro la nostra gloria e la nostra bellezza. Sono loro il nostro dono per tutta la Chiesa di Cristo».

Quindi un’ultima riflessione, sulle lamentale e le pretese che circolano anche in ambienti ecclesiali. «Il Papa – ribadisce con forza il primate – non viene a risolvere tutti i nostri problemi. La Chiesa non è una agenzia di servizi, incaricata di risolvere tutte le esigenze abitative, educative, sanitarie e securitarie dei suoi affiliati. Ci sono persone che anche verso la Chiesa si comportano come “consumatori”, non fanno niente e sembra che tutto gli è dovuto. Così si liberano da ogni responsabilità personale mentre dovrebbero essere loro a contribuire alla crescita di uno Stato migliore».

4 marzo 2021