Papa in Iraq, il patriarca Sako: «Il lockdown non è ostacolo alla visita»
Nuove restrizioni nel Paese a meno di tre settimane dal viaggio di Francesco. Il cardinale parla dell’incontro di Najaf con Al Sistani e delle altre tappe
Il lockdown «non rappresenta un ostacolo alla imminente visita di Papa Francesco (5-8 marzo). Io lo vedo anche come una misura anche per la sua sicurezza dal momento che potrà viaggiare e circolare con più facilità». Non sembrano preoccupare il patriarca caldeo, il cardinale Louis Raphael Sako, le nuove disposizioni anti-Covid emanate domenica 14 febbraio dal governo dell’Iraq che prevedono, tra le altre cose, anche la chiusura delle moschee e di tutti i luoghi di culto, la sospensione di matrimoni e funerali, l’obbligo di mascherina nei luoghi pubblici e del distanziamento di almeno 2 metri. Il governo, inoltre, ha disposto il coprifuoco totale nei giorni di venerdì, sabato e domenica di ogni settimana dal 18 febbraio e un coprifuoco parziale tra le 20 e le 5 il lunedì, martedì, mercoledì e giovedì, fino all’8 marzo 2021, vale a dire sino a quando la visita del Pontefice non sarà chiusa (5-8 marzo).
Considerando che il Papa arriverà venerdì 5 per ripartire lunedì 8 marzo mattina, si comprende come tutto il programma si svolgerà in concomitanza con il “coprifuoco totale”. «Per quanto riguarda il rischio presenza dei fedeli agli appuntamenti papali – spiega il patriarca – quelli che sono stati scelti a rappresentare la comunità ecclesiale e dunque a partecipare agli eventi del programma papale sono stati già tutti registrati. Dunque non ci dovrebbero essere problemi. In tal modo abbiamo ottemperato a tutte le restrizioni anti Covid-19 decise dal governo. L’impatto sulla visita – aggiunge il patriarca – dovrebbe essere così piuttosto limitato. La venuta di Papa Francesco in Iraq è molto attesa. Nei giorni scorsi ho incontrato le massime autorità del Paese, il presidente iracheno, il premier, per parlare di questo viaggio. Sono tutti felici perché sanno bene quanto questo evento sia importante per il bene dell’Iraq e del suo popolo».
Ancora: «Sto ricevendo parole bellissime da parte anche delle autorità musulmane – rivela il cardinale – e alcuni capi islamici, come Muqtada al-Sadr, mi hanno detto che il loro cuore è aperto ancor prima delle porte delle loro case». Si tratta di «segni di accoglienza calorosa» che fanno sperare il patriarca caldeo, da sempre impegnato nel dialogo interreligioso e per la convivenza pacifica. In questa prospettiva l’incontro a Najaf, tra Papa Francesco e il grande Ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, «potrebbe davvero essere l’avvio di un cammino molto importante. Circa la firma di un documento – ribadisce Mar Sako – non c’è nessuna conferma o ufficialità». E ripete con grande convinzione e consapevolezza: «È un primo incontro e non sappiamo di cosa parleranno ma ci sarà tempo di uno sviluppo della visita. Siamo davanti a un grande passo nel dialogo interreligioso. L’ayatollah ha un forte impatto sugli sciiti e sulla società irachena. Aprire un dialogo con Najaf è importante per il bene del nostro Paese e dei nostri cristiani».
Tappe simbolo. Passando in rassegna gli appuntamenti del viaggio apostolico il patriarca ha sottolineato «il valore simbolico dell’incontro interreligioso presso la Piana di Ur, la preghiera di suffragio per le vittime della guerra presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa) a Mosul, l’Angelus a Qaraqosh. Ur è un simbolo che ricorda Abramo, padre della fede. Fede e non religione. Fede vuol dire un solo Dio per Cristiani, Ebrei e Musulmani. Siamo uniti nella fede in un solo Dio, fratelli nella fede e nell’umanità. Per questo – rimarca Mar Sako – dobbiamo testimoniare che la fede non è un elemento di conflitto ma di convivenza armonica. La preghiera a Mosul, ancora distrutta nel suo centro storico, rappresenta il male della guerra e della violenza, del fondamentalismo e del terrorismo. La violenza non risolve i problemi, tutt’altro. La strada da seguire deve essere sempre quella del dialogo». Simbolica è anche la tappa di Ninive, a Qaraqosh: «Qui – ricorda il cardinale – i cristiani sono stati costretti dall’Isis a fuggire lasciando ogni cosa. Adesso stanno rientrando e con gioia incontreranno e ascolteranno il Papa che li incoraggerà a restare, a rientrare nella speranza di un futuro migliore. Ma alla speranza dovrà coniugarsi anche il lavoro concreto con gli altri per costruire questo futuro».
Critiche via social. Viaggio atteso ma anche «diverse critiche arrivate via social», riconosce il patriarca caldeo che, attraverso una nota diffusa dal patriarcato, non manca di rintuzzarle. «Il Papa – si legge – non potrà visitare tutte le città cristiane e tutti i santuari e non è nemmeno suo dovere far rientrare i cristiani immigrati all’estero o recuperare le loro proprietà usurpate. Queste – si sottolinea nel testo – sono responsabilità del governo iracheno, chiamato a creare condizioni adeguate per il loro ritorno». Papa Francesco, prosegue la nota, «non viene per risolvere tutti i problemi ma piuttosto per esprimere la sua solidarietà e stare con gli iracheni. Egli porterà messaggi di amore, fratellanza, riconciliazione, tolleranza, pace, rispetto per la vita, diversità e pluralismo». Da qui l’appello a «coloro che scrivono criticando la visita sui social media, di essere più positivi. Invitiamo tutti a pregare per il Papa e per il successo della visita per il bene del Paese e del popolo. Se il Papa non dovesse venire – conclude Mar Sako – sarebbe una grandissima delusione per tutti». (Daniele Rocchi)
16 febbraio 2021