Papa Giovanni XXIII a Draghi: nell’agenda politica, «sostanziale attenzione alla pace»

La lettera aperta del presidente al premier incaricato: dall’attuale crisi, delle «opportunità». La richiesta: istituire il ministero della Pace

Complimenti e auguri «per l’importante incarico che il presidente Mattarella ha inteso assegnarle» e gratitudine per aver accettato «questo importante e gravoso compito, in particolare in questo momento storico in cui il nostro Paese, come il resto della comunità internazionale, si trova ad affrontare diverse sfide, tanto urgenti quanto prospettiche». Il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII scrive al premier incaricato Mario Draghi, sottoponendo alla sua attenzione alcune tematiche «a parer nostro di primaria importanza, in particolare in questa contingenza storica».

Anzitutto, «una sostanziale attenzione alla pace, attraverso l’istituzione del ministero della Pace». Il presupposto è che, «per quanto si collochi in un momento critico per il nostro Paese, l’attuale crisi di governo possa offrire delle opportunità», si legge nella lettera aperta. La pandemia «ha reso palese la consapevolezza di essere una comunità mondiale, dove il male di uno va a danno di tutti», e dove «nessuno si salva da solo». In questo momento, prosegue Ramonda, «il Paese è gravido di conflitti sociali e politici acuiti dalla pandemia; solo se saranno sapientemente e prospetticamente affrontati, può ridursi il rischio che degenerino ulteriormente fino a divenire insolubili». Di qui la necessità di «un adeguato investimento per la pace», che «va sostenuta, curata, pianificata e organizzata. Dal livello locale e quotidiano fino a quello nazionale e dell’ordine mondiale».

Sullo sfondo, le parole di Papa Francesco che invita a fare della nonviolenza «lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme», ma anche la Dichiarazione dei diritti umani del 1948 e la Costituzione, nelle quali, ricorda Ramonda, è già scritta la necessità di una politica strutturale per la pace. «Alla scomparsa nel dopoguerra del ministero della Guerra avrebbe dovuto succedere immediatamente l’istituzione del ministero della Pace, accanto a quello della Difesa e dell’Interno. Il ripudio della guerra come azione attiva e la coesione sociale nazionale necessitano di nuovi assetti organizzativi ministeriali», si legge ancora nella lettera aperta.

Il presidente della Papa Giovanni XXIII presenta all’attenzione di Draghi l’impegno quotidiano di «tantissimi gruppi sociali e del terzo settore che quotidianamente realizzano strategie di sostegno, cura, pianificazione e organizzazione della pace». “Artigiani di pace”, li definisce, la cui esperienza strategica «deve divenire patrimonio per una politica del bene comune estesa strutturalmente all’intero Paese nei diversi settori di intervento. L’Italia ripudia la guerra e il dettato costituzionale deve assumere il valore che gli è proprio, di forza vincolante e precettiva». Il Paese, asserisce Ramonda, «non può più continuare a sedersi vivendo della “rendita storica” dei nostri padri costituenti, se vuole attuare a pieno quanto essi hanno voluto, non può più limitarsi alla difesa o alla repressione delle minacce alla pace e alla coesione sociale, il cui ruolo indiscusso, da solo, seppur necessario, è insufficiente».

La richiesta, insomma, è che le istituzioni adottino la visione «prefigurata dalla Carta Costituzionale» per cui «la costruzione costante e ininterrotta della pace positiva è onere, compito e funzione pre-condizionale a ogni altra azione di indirizzo politico e in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’SDG 16, con adeguate infrastrutture pubbliche che le rappresentino a pieno per cura e funzione». Lo Stato «ha bisogno di istituzioni in grado di creare pace e sostenere i gruppi e gli organi della società che quotidianamente costruiscono pace attraverso un costante impegno per la promozione e la protezione delle libertà fondamentali e dei diritti umani internazionalmente riconosciuti. Non è più rimandabile “organizzare la pace positiva”, lo Stato deve poter essere riconosciuto quale “casa di riferimento istituzionale” per tutte quelle forze della società civile che già operano nella costruzione di percorsi e attività di pace».

Ramonda riporta anche le “pietre miliari” su cui si fonda la proposta di istituzione di un ministero della Pace: gli articoli 10 e 11 della Costituzione, il Preambolo e gli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite, il Preambolo e gli articoli 1 e 28 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e, ancora, la Dichiarazione sul Diritto alla Pace adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2016. «Solo costruendo giorno dopo giorno la pace – sostiene – si genera un tessuto sociale positivo, in grado di superare le forze disgreganti, i populismi e le crisi, di reagire alle spinte violente che scaturiscono dai conflitti sociali ed economici e dalle tensioni delle periferie dell’emarginazione e di affermare il valore sommo della dignità umana, della eguale dignità di tutti gli esseri umani». In questa ottica, conclude, «il ministero della Pace è una risposta innovativa al bisogno di sicurezza umana e benessere ed in grado di informare con nuove visioni politiche strutturali l’educazione, l’economia, i conflitti ed i rapporti locali, nazionali ed internazionali, la giustizia, l’ambiente, la difesa civile e la sussidiarietà verticale e orizzontale col le realtà del terzo settore».

5 febbraio 2021