Papa Giovanni Paolo nuovo Vescovo di Roma

Settembre 1978, l’intervista di Roma Sette al vicegerente Canestri dopo l’elezione del cardinale Luciani al soglio pontificio

Tra la folla entusiasta il sabato sera in Piazza S. Pietro e domenica 27 agosto, al primo Angelus di Giovanni Paolo I i romani erano numerosissimi. La popolazione dell’Urbe ha così dimostrato, ancora una volta, il profondo attaccamento alla Sede di Pietro e al proprio Vescovo. All’Arcivescovo Giovanni Canestri, Vicegerente di Roma, un cronista dell’Osservatore Romano ha chiesto alcune impressioni sulle prime reazioni dei romani, sui problemi pastorali che il Vescovo di Roma dovrà affrontare e sulle prospettive del nuovo Pontificato.

Che cosa si pensa a Roma di questo Conclave?

Incomincerò a dirle che cosa ne pensava fino a ieri (sabato n.d.r.) sera. Nessuno supponeva che potesse protrarsi per più di una settimana; ma forse un po’ suggestionati dai mezzi di comunicazione sociale e un po’ convinti che un adempimento di così vasta portata storica nella vita della Chiesa richiedesse chissà quali alchimie elettorali, ci si era rassegnati a qualche giorno di attesa e di preghiera.

Una popolana stamane in piazza San Pietro, prima dell’Angelus di Giovanni Paolo I commentava: «Però ’sti Cardinali, manco ciànno dato er tempo de pregà!».

è stato proprio un Conclave fulmineo. I cattolici, non solo di Roma, ma di tutto il mondo, hanno motivo di legittima fierezza. Bisogna prendere atto che la Chiesa sa essere maestra di stile, e questo con disinvolta semplicità. Tanti Elettori, di tanti Paesi, di tutti i continenti, riescono con pochissime ore ad esprimere una maggioranza così significativa! Non capita ogni giorno che una Istituzione, che non è solita computare i suoi tempi sui quadranti di cronometri sofisticati, realizzi un primato di questo genere. Rispondendo alla battuta bonaria della popolana, si potrebbe dire che sì, abbiamo avuto poco tempo per pregare, ma abbiamo pregato bene! Infatti, riflettendo sull’esito di questo Conclave, non viene da pensare a un intervento superiore?

Che cosa si pensa a Roma di questo Papa?

Bisognerà premettere che queste brevi settimane di Sede vacante sono servite per una catechesi essenziale sulla figura del Papa nella Chiesa Cattolica. Molti romani hanno appreso, o sono invitati a ricordare che il Papa è il loro Vescovo o meglio che il vescovo di Roma è il Papa, Pastore della Chiesa universale. Il nostro nuovo Vescovo è vissuto da giovane prete alcuni anni a Roma per gli studi alla Pontifica Università Gregoriana. Ma poi ha sempre operato nel suo Veneto: era a Roma solo di passaggio. Non è, dunque, molto conosciuto a Roma. Eppure bastava essere stamane a piazza San Pietro tra migliaia di romani per rendersi conto che la «gente», quella che ama chi parla con semplicità e lealtà – intendo dire con gli occhi e la mano sul cuore – Gli vuole già un gran bene. Non è il caso di scomodare il termine profezia per prevedere che sarà per Roma un Vescovo popolare, Il Vescovo del popolo. Così lo definiva la «gente» stamane in piazza San Pietro. Ho detto che questo Papa è vissuto poco a Roma, ma sono certo che farà ben presto ad impadronirsi delle chiavi del cuore dei romani. Bisogna proprio leggere le lettere a Gioacchino Belli e a Trilussa, che il Cardinale Patriarca Luciani pubblicava due anni fa parodiando ed insegnando (castigat ridendo mores) per convincersi che subito fra pastore e fedeli si instaurerà quel dialogo «core a core» che tanto piace ai romani e che il Cardinale Ugo Poletti offriva come auspicio e augurio in anticipo al nostro nuovo Vescovo e all’Urbe: «Un cuore solo e un’anima sola». A proposito del Belli, mi lasci dire quanto mi sia piaciuta la battuta del maggiore poeta romanesco per fotografare i romani e che il Cardinale Luciani cita puntualmente e testualmente: «Scatagnamo ar parlà, ma aràmo dritto (pecchiamo nel parlare, ma righiamo dritto)».

Quali i problemi pastorali più urgenti che attendono il nuovo Vescovo di Roma?

Pastoralmente Roma è città difficile; non dico niente di nuovo. Non è facile per nessuno stilare una scaletta e stabilire le priorità, le urgenze. Fissiamo alcuni punti: è preoccupante il problema delle vocazioni sacerdotali e religiose. Una diocesi di tre milioni di abitanti non ha nemmeno venti chierici studenti di teologia, anche a voler comprendere le reclute del prossimo ottobre; l’associazionismo dei cattolici a Roma ha passato nell’ultimo ventennio una grave crisi. Non mancano segni di ripresa, ma una presenza operante dei laici nella vita della Chiesa, fatte le debite eccezioni, prevedibilmente richiederà ancora tempi lunghi; la catechesi a Roma, come in ogni Chiesa particolare, un altro problema vitale. Sono stati compiuti sforzi generosi; sono sorte nelle varie prefetture scuole per catechisti; si nota una ripresa dell’interesse per la catechesi in preparazione ai Sacramenti; ogni comunità parrocchiale si impegna a preparare i bambini alla Messa di Prima Comunione, gli adolescenti alla Cresima, i fidanzati al Matrimonio, i genitori al Battesimo dei figli; le famiglie sono ripetutamente avvicinate in occasione delle Prime Comunioni e delle Cresime. Ma si è tanto lontani da una catechesi che incida profondamente nella vita se assistiamo al trionfo di tanto materialismo e secolarismo fra i cristiani… Un altro problema «proprio nostro» è la periferia: questa nuova Roma di un milione e mezzo di abitanti, cresciuta dal nulla in venti anni. Per la vita della comunità ecclesiale, manca quasi tutto: personale (sacerdoti, religiosi, laici), strutture (chiese, cappelle, oratori per giovani), tradizioni che uniscono (per alcuni anni restano solo i rimpianti per pe tradizioni religiose più disparate e di carattere rurale). In Vicariato sono allo studio i progetti per attuare la Costituzione di Paolo VI Vicariae Potestantis in Urbe. Ho solo fatto un elenco arido dei problemi pastorali di Roma. Ma mi lasci concludere così una visione di speranza. Che bello stamane leggere e commentare a Roma – stamane a Roma! – il brano di San Matteo: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»! Si potrebbe dire con una punta di legittima fierezza che per capire bene queste parole, bisogna vivere queste ore a Roma. è proprio Gesù che parla al Papa: Tu sei Pietro…

Quali, secondo Lei, le prospettive del nuovo Pontificato a Roma?

Posso concludere con l’ultimo brano del Cardinale Luciani, nel suo libro «Illustrissimi», cui facevo riferimento prima. «C’è un confronto, questo; l’importante non è che uno scriva di Cristo, ma che molti amino e imitino Cristo. E, per fortuna – nonostante tutto – questo avviene ancora». Il nuovo Papa, con l’esempio e con il Magistero, ci aiuterà ad amare Gesù. Giovanni Paolo I mi pare proprio il Papa che, con passione pastorale, attuerà a Roma e nel mondo il programma polino: “veritatem facientes in caritate”. E a Roma e nel mondo lo seguiremo con fedeltà e amore. (P.A.)

10 settembre 1978