Il Papa ai giovani: disoccupazione, «vero peccato sociale»

L’intervento alla riunione pre-sinodale in programma fino a sabato 24 a Roma. L’appello: «Osare sentieri nuovi». Venerdì 23 la Via Crucis a San Giovanni in Laterano

I giovani devono parlare con coraggio e franchezza, avere la faccia tosta di esprimere quello che sentono, lasciare «la vergogna dietro la porta» ma al contempo ascoltare con umiltà, perché ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee così come ognuno ha il diritto di essere ascoltato. Con queste parole pronunciate a braccio Papa Francesco ha aperto questa mattina, lunedì 19 marzo, i lavori della riunione presinodale in programma fino a sabato 24 nel Pontificio Collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae. Una mattinata intensa durante la quale si è tenuto anche un confronto tra i ragazzi e il vescovo di Roma, che tra l’altro ha chiesto perdono per tutti i cattolici «criminali» che sfruttano la prostituzione.

riunione presinodoProtagonisti di questa settimana sono 315 ragazzi provenienti dai cinque continenti che partecipano al meeting in vista della XV assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, che si terrà a Roma dal 3 al 28 ottobre prossimi. Un Sinodo che, come ha ricordato il segretario generale Lorenzo Baldisseri, è stato voluto per i giovani e con i giovani, «contemporaneamente oggetto e soggetto del cammino sinodale, chiamati a mettersi in ascolto dei loro Pastori ma chiamati anche a parlare ai loro Pastori, ad aprire ad essi il loro cuore, in una circolarità virtuosa che è l’essenza stessa della sinodalità ecclesiale». Durante le giornate di studio e riflessione i ragazzi, tra i quali rappresentanti di varie realtà associative ed esponenti di altre fedi religiose, ma anche non credenti, divisi in gruppi di lavoro in base alla lingua, redigeranno un documento che sabato mattina presenteranno ai padri sinodali, con le loro idee, speranze e proposte. Tra gli eventi della settimana, la Via Crucis presieduta dal cardinale Kevin Farrell, prefetto del dicastero vaticano per i Laici, la famiglia e la vita, in programma venerdì 23 marzo dalle 17.30 alle 19, con partenza dal chiostro della basilica di San Giovanni. Un appuntamento al quale sono invitati a partecipare i giovani romani.

Attraverso i social network potranno partecipare alla riunione presinodale anche i giovani non fisicamente presenti a Roma. Dopo aver intonato l’inno della Gmg del 2016 “Beato il cuore che perdona” e aver pregato il Padre Nostro, ognuno nella propria lingua, i giovani hanno ascoltato questa mattina il lungo intervento del Santo Padre, al quale hanno fatto seguito 5 testimonianze di ragazzi provenienti rispettivamente da Zimbawe, Usa, Vietnam, Belgio e Australia. Non esiste la  «gioventù ma i giovani», ha affermato Francesco, e nei momenti difficili il Signore ha parlato attraverso di loro; non tutti erano santi ma peccatori «che hanno sentito l’esigenza di fare qualcosa. Ho fiducia che in questi giorni parlerà attraverso di voi». I giovani, ha rimarcato Bergoglio, vanno «presi sul serio», invece sempre più spesso sono al centro di dibattiti senza però essere interpellati.

Per Francesco, bisogna ricordare che ci sono storie, illusioni, sogni e volti di ragazzi. Nella società moderna ci sono tanti che esaltano la giovinezza tanto da «truccarsi per sembrare più giovani ma non fanno spazio» ai ragazzi, «non li lasciano crescere», li emarginano dalla vita pubblica costringendoli a mendicare occupazioni che non danno certezza del futuro. Il Papa ha quindi denunciato che il dramma della disoccupazione, «un vero peccato sociale», in Italia riguarda il 35% delle persone dai 25 anni in su ma non è il dato più alto d’Europa. Un giovane disoccupato, ha proseguito, può intraprendere due strade: o «si deprime, cade nelle dipendenze, si suicida», ha affermato il Santo Padre evidenziando che le «statistiche sui suicidi giovanili sono truccate», oppure si ribella «prende un aereo per un Paese che non voglio nominare e si arruola nei movimenti dei guerriglieri. Almeno ha un senso da vivere e avrà uno stipendio mensile».

Di qui l’appello ai giovani, ai quali Francesco ha chiesto di spiegare come vivono il dramma della disoccupazione . I ragazzi infatti chiedono alla Chiesa vicinanza e quest’ultima deve rispondere «ascoltandoli ma non per fare politica o “giovinofilia”». A testimoniarlo, anche l’apprezzamento di avere accanto i religiosi, come hanno scritto rispondendo al questionario messo in rete dalla segreteria del Sinodo. Con i ragazzi, quindi, non bisogna usare i «guanti bianchi e non bisogna prendere le distanze per non sporcarsi le mani». Bisogna invece «osare sentieri nuovi perché un uomo o una donna che non rischiano non maturano – ha avvertito il Papa -, invecchiano, così come la Chiesa». Uscire quindi dalla logica «velenosa» del “si è sempre fatto così”: una logica che può cambiare se nel mondo ci saranno giovani profeti «ma mai sarete profeti – ha chiosato il pontefice – se non prendete i sogni dei vecchi, se non andate a fare sognare un vecchio perché è annoiato e nessuno lo ascolta. Fate sognare i vecchi, e questi sogni vi faranno andare avanti».

Una delle giovani presenti, Blessing Okoedion, originaria della Nigeria, ha raccontato di essere arrivata in Italia 4 anni fa. Vittima della tratta, «esperienza di totale annullamento della dignità», ha chiesto al Papa come aiutare i giovani a prendere consapevolezza di questo crimine. Francesco pensando con dolore «allo schifo che devono provare queste ragazze», ha ricordato il lavoro fatto dalla comunità fondata da don Oreste Benzi per riscattare queste giovani vittime. «È un crimine, un delitto contro l’umanità – ha aggiunto – che nasce da una mentalità malata. Non c’è femminismo che sia riuscito a debellare il problema». Ha invitato i giovani a lottare in difesa della dignità della donna e ai ragazzi che hanno l’abitudine di accompagnarsi con le prostitute ha ammonito di “tagliare”  e non «confondere i termini perché fare l’amore è un’altra cosa». Rispondendo alle domande di due religiosi ha invitato a puntare su quattro pilastri ovvero l’educazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica per non annullare e «castrare» le potenzialità. Meglio educare alla libertà quindi sia in famiglia sia nei seminari: «Abbiamo tanti zitelli costretti dalla dipendenza. Preferisco che un giovane perda la vocazione piuttosto che sia un religioso malato»e sui casi di abusi ha aggiunto che bisognerebbe chiedersi «quanti di questi non sono stati educati nell’affettività. L’educazione non deve sovra proteggere perché si diventa psicologicamente immaturi».

19 marzo 2018