Il Papa in Cile: l’incontro con un gruppo di vittime di abusi

Il colloquio in forma privata nella Nunziatura apostolica di Santiago. Nella stessa giornata la visita al carcere femminile e l’appuntamento con il clero e con i 50 vescovi cileni

Di «dolore e vergogna» per il «danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa» Francesco aveva parlato già ieri mattina, martedì 16 gennaio, nel suo primo discorso in Cile, davanti alle autorità e alla società civile, nel Palacio de La Moneda, dove è stato accolto nella sua prima giornata cilena dalla presidente uscente Michelle Bachelet. Più tardi, dopo il pranzo, nel palazzo della Nunziatura apostolica di Santiago ha incontrato «in forma strettamente privata» un piccolo gruppo di vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti. A darne notizia è la Sala stampa vaticana, che aggiunge: «Nessun altro era presente, solamente il Papa e le vittime. E questo perché potessero raccontare le loro sofferenze a Papa Francesco, che li ha ascoltati e ha pregato e pianto con loro».

Sempre nella giornata di ieri Francesco ha visitato anche il carcere femminile di Santiago, che accoglie 600 recluse. Ad accoglierlo, a nome di tutte, Janeth, che davanti al pontefice ha espresso il suo “atto di dolore”: «Chiediamo perdono a tutti quelli che abbiamo ferito con i nostri delitti». Da queste parole ha preso spunto il discorso del Papa: parole di gratitudine, «perché ci ricordi questo atteggiamento senza il quale ci disumanizziamo, perdiamo la coscienza di aver sbagliato e che ogni giorno siamo chiamati a ricominciare». Parole, in qualche modo, “programmatiche”, che invitano ad «abbandonare la logica semplicistica di dividere la realtà in buoni e cattivi, per entrare in quell’altra dinamica capace di assumere la fragilità, i limiti e anche il peccato, per aiutarci ad andare avanti».

Francesco ha fatto appello alla «capacità di generare futuro che vive in ognuna di voi» e che «vi permette di lottare contro i tanti determinismi “cosificatori” che finiscono per uccidere la speranza». L’invito allora è a «lottare contro ogni tipo di cliché, di etichetta che dica che non si può cambiare, o che non ne vale la pena, o che il risultato è sempre lo stesso. Ogni sforzo fatto lottando per un domani migliore darà sempre frutto e vi verrà ricompensato». La “forza” sono proprio i figli, che molte delle detenute hanno portato all’incontro con il Papa: «Sono speranza, sono stimolo – le parole del pontefice -. Sono il ricordo vivo che la vita si costruisce guardando avanti e non indietro». Da ultimo, un richiamo al tema del reinserimento: «La società ha l’obbligo di reinserire tutte voi. Ognuna di voi, verso il reinserimento. Questo dovete mettervelo in testa, dovete esigerlo».

Nella cattedrale di Santiago l’incontro con i sacerdoti, con i quali il Papa è tornato sul tema della pedofilia. «Conosco il dolore che hanno significato i casi di abusi contro minori e seguo con attenzione quanto fate per superare questo grave e doloroso male», ha detto. Dolore «per la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie» ma anche «per le comunità ecclesiali» e anche «per voi fratelli, che avete vissuto il danno provocato dal sospetto e dalla messa in discussione, che in alcuni o in molti può aver insinuato il dubbio, la paura e la sfiducia». Ancora: «So che andare vestiti da prete in molte zone si sta pagando caro», ha continuato Francesco. Di qui l’invito a chiedere a Dio che ci dia la lucidità di chiamare la realtà col suo nome, il coraggio di chiedere perdono e la capacità di imparare ad ascoltare quello che lui ci sta dicendo». Affrontando la realtà «così come ci si presenta. La realtà personale, comunitaria e sociale».

Nel discorso al clero, Il pontefice ha consegnato una sorta di identikit della vita consacrata, senza fare sconti su quelle «piaghe» che rendono la Chiesa capace di «comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue, patirle, accompagnarle e cercare di sanarle». Nella consapevolezza che «in Gesù, le nostre piaghe sono risorte». E alla comunità ecclesiale, la richiesta di una “conversione pastorale”: «Passare dall’essere una Chiesa di abbattuti e desolati a una Chiesa servitrice di tanti abbattuti che vivono accanto a noi», in modo da «creare le condizioni perché ogni persona abbattuta possa incontrarsi con Gesù. Non si amano le situazioni, né le comunità ideali, si amano le persone».

Anche con i 50 vescovi del Paese, incontrati subito dopo il clero nella sagrestia della cattedrale, Francesco è tornato sul tema della «paternità», sul modello di san Giuseppe, da vivere anzitutto con il presbiterio, consapevoli di «appartenere al popolo di Dio come servitori, e non come padroni». Per il Papa, sta qui l’antidoto alla tentazione del clericalismo, «caricatura della vocazione ricevuta»; al contrario, la strada indicata da Francesco è quella di una missione da vivere «in unione fraterna con tutto il popolo di Dio. Gomito a gomito, dando impulso e stimolando il laicato in un clima di discernimento e sinodalità». A partire dai seminari. «I laici – ha ribadito – non sono i nostri servi, né i nostri impiegati. Non devono ripetere come pappagalli quello che diciamo». La consegna allora è quella all’impegno «per un’opzione missionaria e profetica che sia capace di trasformare tutto, affinché le abitudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino strumenti adatti per l’evangelizzazione del Cile più che per un’autoconservazione ecclesiastica».

17 gennaio 2018