Paolo VI, una santità sofferta e quotidiana

È l’uomo Montini, sacerdote, vescovo e Papa, a essere elevato a modello e intercessore per tutta la Chiesa. Superando con forza profetica i confini del suo ministero, ha annunciato la civiltà dell’Amore da cui nessuno è escluso

«La Chiesa ha bisogno della sua perenne Pentecoste», affermava ripetutamente Paolo VI. Durante tutta la sua vita, il Papa che domenica prossima sarà proclamato santo ebbe una forte esperienza dello Spirito che sostiene ogni debolezza; seppe annunciare con la Parola e con la testimonianza che tra la Chiesa e il mondo non solo non c’è opposizione ma c’è un rapporto di ascolto e di servizio, fondato sull’evento della Incarnazione: «Non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo» (cfr. Testamento di Paolo VI).

Dall’apostolo di cui portava il nome ha assunto il coraggio di confrontarsi con ogni modernità, la fiducia e la gioia di sperimentare che «tutto concorre al bene per coloro che amano Dio» (Rm 8,28). Paolo VI ha confermato i suoi fratelli nella fede e, superando con forza profetica i confini del suo ministero, ha annunciato anche la Speranza che non delude, la civiltà dell’Amore da cui nessuno è escluso. Guidando la barca della Chiesa nel Concilio e nel post-Concilio, tenendo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, valorizzando le grandi conquiste dell’uomo moderno, ha lasciato a noi una testimonianza impressionante di santità quotidiana, quella alla quale ci sprona Papa Francesco nella “Gaudete et exsultate”.

È l’uomo Montini, sacerdote, vescovo e Papa ad essere elevato a modello ed intercessore per tutta la Chiesa. Una santità vissuta giorno dopo giorno, come testimoniano quei capolavori spirituali che sono le sue lettere ai famigliari; vissuta nella fatica pastorale per i suoi studenti e nel servizio umile e forte ai grandi impegni del Papa durante gli anni alla Segreteria di Stato. Una santità offerta e sofferta nel suo ministero episcopale a Milano. E finalmente una santità che ha ricevuto le chiavi di Pietro per aprire le porte al Salvatore del mondo, e dire ai poveri la Beatitudine di Cristo.

Una santità romana: «Sì, Roma ho amato, nel continuo assillo di meditarne e di comprenderne il trascendente segreto, incapace certamente di penetrarlo e di viverlo, ma appassionato sempre, come ancora lo sono, di scoprire come e perché “Cristo è Romano”» (omelia nella Messa dell’80° compleanno). Visitando le parrocchie e le realtà diocesane intendeva portare la Buona Notizia alle genti, incontrare il nuovo popolo di Roma, respirare l’eterna giovinezza della Chiesa, dire all’uomo che Dio è Padre, dire con le parole di Paolo: «Non desidero nulla, desidero voi» (2 Cor. 12, 14). «Romani di ieri e di sempre, romani d’origine e di nascita: sapete che Noi abbiamo immensa stima e fiducia di voi? Noi conosciamo la bontà ch’è nei vostri animi e nei vostri costumi; e lo stesso diciamo a tutti quelli che la Capitale del Paese chiama a Roma, specialmente agli immigrati e a tutta la gente di lavoro che abita nei quartieri operai e periferici della città. Noi vi accogliamo, Noi vi salutiamo, Noi vi vogliamo bene. Non dovrete sentirvi forestieri a Roma, non dovrete rimanere estranei alla vita, anzi allo spirito della città» (ingresso del vescovo di Roma al Laterano, 10 novembre 1963).

Roma e il mondo intero oggi si inchinano riconoscenti e grati al Signore per il dono di questo grande Pastore. (Francesco Pesce, incaricato Ufficio pastorale sociale)

10 ottobre 2018