Palmieri: mantenere uno sguardo pieno di speranza

La Messa del vescovo ausiliare nella sede della Cei. «Dio non punisce con la pandemia il peccato degli uomini». L’invito ad alimentare la vita spirituale

«Dio non punisce con la pandemia il peccato degli uomini». Lo ha rimarcato con forza il vescovo ausiliare Gianpiero Palmieri presiedendo ieri, 22 marzo, la Messa nella IV domenica di Quaresima, “domenica Laetare”, trasmessa in diretta su Rai Uno dalla cappella del Buon Pastore, nella sede della Conferenza episcopale italiana. La liturgia proponeva il brano evangelico sulla guarigione di un cieco nato, nel quale risalta la distorta concezione umana che le malattie e le disgrazie siano la risposta di Dio ai peccati commessi. Ma Gesù rifiuta questa convinzione e risponde che Lui è venuto per salvare e per manifestare la volontà del Padre. «La cecità, la malattia e anche la pandemia ci ricordano che siamo Luce e fango, Luce impastata nel fango», ha spiegato Palmieri nell’omelia.

Il dolore per le vittime del coronavirus, la paura, la preoccupazione per l’emergenza sanitaria globale «hanno a che fare con quel buio che non scende per il tramonto del sole ma che ci entra nel cuore», ha aggiunto il presule, specificando che meditare il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni può «consentire alla Luce di Dio di diradare le nostre tenebre dal di dentro. Questo lo può fare solo Dio». In queste settimane in cui sono tanti gli interrogativi che animano la mente di tutti, non basta infondersi coraggio l’un l’altro, ha proseguito il vescovo. «Ci domandiamo: sono solo un’esistenza fragile appesa a un filo? Sono soltanto questa tenebra fredda, che mi entra nelle ossa? Oppure il mio cuore è attraversato da una Luce increata, quella divina, e sono impastato di terra, sì, ma destinata ad essere trasfigurata dalla Luce?».

Palmieri ha quindi invitato a soffermarsi sulla figura del cieco nato, «una persona per bene» che non ha mai dato credito alla teoria secondo la quale la sua malattia era dovuta ai suoi peccati o a quelli dei suoi genitori. «Ha imparato dalla fede semplice ma vera del suo popolo che Dio ascolta chi fa la sua volontà – le parole del vescovo -. Gesù lo ha guarito perché viene da Dio e il Signore esulta per la guarigione dei suoi figli, non importa se è stato rispettato il riposo del sabato oppure no. E il cieco ha imparato che Dio è uno che squarcia le tenebre più fitte, quelle legate alla condizione umana».

Il vescovo ha esortato a lasciarsi custodire «dalla Luce nel cuore» e ad approfittare di questi giorni di isolamento forzato nelle proprie case per alimentare la propria vita spirituale attraverso la lettura della Parola, la preghiera personale e in famiglia. E ancora, l’invito a riscoprire relazioni che «fanno bene al cuore» e a prendersi cura «con tenerezza» di chi in questo momento è solo. «Manteniamo uno sguardo fermo ma luminoso sulle situazioni – ha concluso -. Uno sguardo che non si lasci avvilire ma sia pieno di speranza. Alla lunga, non basterà la buona volontà, servirà essere davvero in contatto con la Luce che viene da dentro. Sentiamoci in profonda comunione con tutto il popolo santo di Dio di ogni luogo e di ogni tempo, che ha saputo affrontare le situazioni più difficili appoggiandosi con fede piena al Signore. Ricordiamo la fede dei nostri nonni che hanno attraversato la guerra, la saldezza di tanti cristiani che in tante parti del mondo hanno affrontato la persecuzione, le lotte fratricide, l’epidemia di Ebola».

23 marzo 2020