La busta con il nome della città designata dalla giuria di selezione è stata aperta dal ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini ieri, 31 gennaio, durante una cerimonia nella sala Spadolini del Collegio Romano: è Palermo la capitale italiana della cultura 2018. La città siciliana ha “battuto” Alghero, Aquileia, Comacchio, Ercolano, Montebelluna, Recanati, Settimo Torinese, Trento e l’Unione dei Comuni elimo-ericini (che comprende Buseto Palizzolo, Custonaci, Erice, Paceco, San Vito Lo Capo e Valderice). In quanto vincitrice, riceverà un milione di euro dal Mibact per realizzare il progetto presentato, oltre all’esclusione dal vincolo del Patto di stabilità dei fondi investiti.

Soddisfazione nelle parole del sindaco Leoluca Orlando, che, ricevendo il riconoscimento, ha voluto accanto a sé tutti i sindaci delle altre cittù candidate. «Abbiamo vinto tutti – ha detto – perché siamo stati capaci di narrare le bellezze dei nostri territori. La cifra culturale più significativa e che rivendichiamo è la cultura dell’accoglienza. Rivendichiamo il diritto di ogni essere umano di essere e restare diverso ed essere e restare uguale».

Palermo, è il commento a caldo di Giuseppe Savagnone, direttore dell’Ufficio per la pastorale della cultura della diocesi, è «una città ricca di potenzialità, estremamente complessa, dove c’è tanto bene e tanto male. Certamente abbiamo delle risorse – continua -, e fa piacere che vengano riconosciute anche a livello nazionale. Sta ai palermitani gestirle, e spero che questo riconoscimento stimoli i miei concittadini a dare il meglio di sé». Savagnone ricorda la bellezza artistica di Palermo, «che non ha molti eguali in altre città d’Italia», ma anche il suo «potenziale di creatività». Ancora: «La Sicilia – afferma -, con Palermo in testa, è stata sempre un interessante laboratorio politico. Purtroppo l’attuale classe politica non è all’altezza della situazione, risente di un quadro generale molto problematico. Il sindaco Orlando fa quello che può, ma la situazione certo è molto complessa».

Quello tracciato da Savagnone è dunque un quadro di «luci e ombre, in bilico tra cose molto negative e grandi potenzialità». L’auspicio allora è che questo tipo di riconoscimenti aiuti a «gestire al meglio le tante cose belle che Palermo può offrire». Tra le criticità maggiori, Savagnone segnala il fatto che «i giovani se ne vanno tutti, da molti anni: su dieci giovani, 5 o 6 vanno via, mandati dalle famiglie a studiare in altre città d’Italia o all’estero. Resta solo chi non ha i soldi per andarsene o trova qualche raccomandazione per entrare in qualche cunicolo». Del resto, denuncia, «il vento del Nord da molti anni paralizza il Sud».

1° febbraio 2017