Pakistan, scongiurata nuova tragedia contro i cristiani

L’arcivescovo di Lahore commenta l’intervento del 24 maggio a sostegno della comunità di Sanda, dove un giovane è stato accusato di blasfemia

L’arcivescovo di Lahore Shah commenta l’intervento del 24 maggio a sostegno della comunità di Sanda, dopo che un giovane è stato accusato di blasfemia

Secondo alcuni testimoni stava mettendo in ordine la casa, quando ha bruciato alcuni fogli di giornale contenenti versetti del Corano. È bastato questo per scatenare l’accusa di blasfemia contro un giovane cristiano, Humayun Faisal Masih, a Sanda, la zona a maggioranza cristiana di Lahore, in Pakistan, il 24 maggio scorso. Poco dopo una folla infuriata si è riversata sul quartiere, riferisce ad Aiuto alla Chiesa che soffre l’arcivescovo di Lahore Sebastian Francis Shah. Infatti «quando un‘accusa di blasfemia è rivolta a un musulmano è lui il solo a pagarne le conseguenze, mentre se ad essere incolpato è un cristiano, l’intera comunità è ritenuta responsabile».

Le dinamiche, secondo il presule, non sono ancora chiare. «Ci siamo impegnati a proteggere gli abitanti del quartiere e non abbiamo avuto il tempo di verificare la validità delle accuse. Questo pomeriggio andrò a Sanda e cercherò di approfondire», spiegava ieri, martedì 26 maggio, alla fondazione pontificia. Il presule è stato avvertito alle 7 di domenica sera, mentre nell‘antico quartiere cristiano la folla aveva appena bloccato il traffico, incendiato pneumatici e iniziato a lanciare sassi contro le abitazioni. I cristiani hanno immediatamente lasciato le loro case, temendo una tragedia simile a quelle avvenute a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony nel 2013.

«Ho immediatamente chiesto aiuto ad alcuni leader musulmani e politici locali. Grazie al loro intervento la polizia è riuscita a disperdere la folla entro mezzanotte. È la prima volta che il governo riesce ad agire in tempo e a salvare sia gli uomini che le case», riferisce ancora monsignor Shah. Un’efficacia da attribuirsi probabilmente al drammatico precedente degli attacchi alle due chiese della metropoli pakistana, avvenuti lo scorso 15 marzo. «Da allora ho stretto relazioni con politici ed esponenti della locale comunità musulmana. Il loro sostegno ci ha permesso di scongiurare il peggio».

Ancora da chiarire le accuse rivolte al giovane, a carico del quale è stato registrato un caso di blasfemia in base all’art.295 comma B del codice civile pachistano – noto assieme al comma C dello stesso articolo come “legge anti-blasfemia” – che punisce con l’ergastolo chiunque profani il Corano. Non costituisce un’attenuante nemmeno il ritardo mentale del ragazzo, di cui parlano alcune fonti locali. La norma, spiega infatti Shahid Mobeen, docente della Pontificia Università Lateranense, «non prevede la volontarietà da parte dell’accusato. Quindi, per quanto riguarda i reati regolati dal comma B, per essere condannati è sufficiente lasciar cadere una copia del Corano o calpestare inavvertitamente una pagina di giornale su cui sono trascritti dei versetti del libro sacro islamico».

27 maggio 2015