Paesi del G20 a confronto: Italia in vetta per salute e benessere

Ricerca Asvis sull’Agenda 2030 Onu. Italia in testa alle classifiche anche per energia pulita e consumi responsabili. Usa in fondo per la lotta alla povertà

Una riflessione incentrata sui tre grandi appuntamenti internazionali che si svolgono in prossimità e in collaborazione con il Festival dello sviluppo sostenibile: la Cop26, Expo Dubai e il G20 a presidenza italiana. Questo l’obiettivo dell’evento centrale del Festival organizzato dall’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile)  “L’impegno dell’Italia a livello internazionale per una ripresa sostenibile e resiliente”, alla presenza, fra gli altri, del ministro degli Affari Esteri Luigi di Maio e del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Nel corso dell’evento, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha presentato la ricerca sperimentale “SDG20. La misurazione dello sviluppo sostenibile nei Paesi del G20” realizzata grazie al contributo di A2A e Cibjo (World Jewellery Confederation), su come e quanto i 20 Paesi più ricchi e sviluppati del mondo stiano rispettando gli impegni assunti sei anni fa, quando le Nazioni Unite vararono l’Agenda 2030.

«Il nostro Festival – ha sottolineato la presidente Asvis Marcella Mallen presentando la ricerca – anche quest’anno, grazie alla collaborazione col ministero degli Esteri, si proietta in una dimensione internazionale, con l’obiettivo di diffondere anche all’estero i messaggi dello sviluppo sostenibile. Dobbiamo essere sempre più consapevoli di vivere tutti sull’unico pianeta che abbiamo e che solo grazie a uno sforzo congiunto sarà possibile dargli un futuro. Nessuno può salvarsi da solo. E la strada da fare, come risulta pure da questa nostra ricerca, è ancora molta». Per Pierluigi Stefanini, presidente e portavoce Asvis, «la presidenza del G20 proietta l’Italia in primissimo piano sulla scena internazionale. E ne aumenta la responsabilità nell’indicare ai partner alcuni nodi essenziali che non possono essere esclusi dall’agenda dei lavori. Tra questi certamente devono esserci quello del contrasto ai cambiamenti climatici, del superamento dei combustibili fossili, della sostenibilità sociale dei costi di una gigantesca quanto necessaria riconversione industriale, insomma del raggiungimento di quello sviluppo sostenibile che, come risulta dalla nostra ricerca, i Paesi del G20 perseguono ancora in maniera disordinata e insufficiente, ciascuno per proprio conto. La strada del multilateralismo e della cooperazione può consentire di raggiungere i target dell’Agenda 2030».

La ricerca dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile analizza la situazione dei 20 Paesi rispetto agli Obiettivi dell’Agenda 2030. Le mappe per i Paesi del G20 che risultano dalla ricerca, sono basate sui dati relativi all’ultimo anno disponibile di ogni indicatore elementare preso in considerazione e, in ogni caso, non sono utilizzati dati relativi all’anno 2020, quindi le valutazioni effettuate sono al netto degli effetti della pandemia. «Lo studio può rappresentare uno spunto per approfondire la misurazione dello sviluppo sostenibile nei Paesi del G20 rendendola costante nel tempo, condizione necessaria per una rendicontazione degli SDGs nel contesto internazionale, con l’auspicio che si possa pervenire ad un monitoraggio costante ed esaustivo della situazione dei paesi del G20 rispetto agli Obiettivi della Agenda 2030», affermano da Asvis. Nelle mappe, i Paesi del G20 vengono valutati rispetto al loro posizionamento nei singoli Goal. Tale posizionamento è stato evidenziato da un colore diverso a seconda del valore dell’indice composito. La scala dei valori sulla base della quale vengono associati i colori varia per ogni Goal a seconda del valore massimo e del valore minimo osservato per ogni obiettivo, non rendendo quindi possibile un confronto tra i diversi Goal.

L’analisi ha evidenziato ampie disuguaglianze anche all’interno dei Paesi del G20, in particolare rispetto ai Goal 7 (Energia pulita ed accessibile), 10 (Ridurre le disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili), 12 (Consumo e produzione responsabili). Inoltre, in alcuni ambiti tali disuguaglianze rappresentano delle conferme: i Paesi economicamente più avanzati presentano un posizionamento migliore per quanto riguarda i Goal più strettamente connessi alla situazione economica e sociale. Le diversità sono meno scontate rispetto ai Goal che si riferiscono alla dimensione ambientale, dove i Paesi meno ricchi tra quelli del G20 presentano i risultati migliori. L’Italia rispetto al resto dei Paesi del G20 presenta una situazione di forte vantaggio per i Goal 3 (Salute e Benessere), 7 (Energia pulita ed accessibile), 12 (Consumo e produzione responsabili), mentre evidenzia una condizione estremamente negativa per quanto riguarda il Goal 14 (Vita sott’acqua) posizionandosi in penultima posizione a causa della più ampia quota di pesce pescato da stock ittici collassati o in sovrasfruttamento di tutto il G20.

È interessante anche sottolineare alcuni aspetti messi in evidenza dalla ricerca. In particolare:

Goal 1 (Sconfiggere la povertà). Nella lotta alla povertà si evidenziano differenze legate non solo alla ricchezza di un Paese, ma anche ai modelli di welfare scelti: i Paesi Europei (Ue + UK) mostrano la situazione migliore, insieme a Canada e Australia. Al contrario, gli Usa registrano, ad esempio, una quota di persone vulnerabili assistite inferiore al 31%; attestandosi come il 5° peggior Paese del G20 rispetto a questo Goal. Per l’Italia non è stato possibile elaborare un indice composito relativo al Goal 1 a causa della carenza di dati.

Goal 3 (Salute e benessere). L’analisi ha evidenziato come i Paesi che registrano la spesa sanitaria maggiore presentano anche i migliori risultati dell’indicatore composito. L’indice relativo al Goal 3 evidenzia una situazione positiva per i Paesi con una più ampia spesa sanitaria pro capite: Australia, Canada, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Germania – cateterizzati da una maggiore speranza di vita alla nascita (superiore agli 80 anni), da minori tassi di mortalità infantile e di mortalità per le malattie non trasmissibili e per incidente stradale. Si evidenzia anche la situazione positiva dell’Italia, seconda solo all’Australia.

Goal 13 (Lotta ai cambiamenti climatici). Per il Goal 13 sono state considerate, oltre alle emissioni prodotte sul suolo nazionale, anche la stima delle emissioni indirette causate dalle importazioni di ogni Paese. Questo ha reso possibile una valutazione più completa del reale impatto di ogni Paese rispetto ai cambiamenti climatici. L’analisi restituisce una valutazione innovativa che penalizza i Paesi con una maggiore CO2 importata (come UK, Australia, Germania e Canada) che altrimenti avrebbero registrato dei valori del composito decisamente più positivi. «Riteniamo quindi che la misurazione delle emissioni indirette causate dalle importazioni sia un aspetto da approfondire con massima priorità, al fine di attribuire le emissioni di CO2 ai Paesi che ne sono realmente responsabili», affermano i promotori della ricerca.

8 ottobre 2021