Padre Salvini all’assemblea Cism: «I religiosi, testimoni di una vita diversa»

Il presidente nel corso dell’assise generale in corso a Tivoli: «Se la cultura secolarizzata è sfida per il Vangelo, la vita consacrata ne è una controsfida. L’obbedienza liberamente scelta diviene segno profetico della signoria di Dio»

«Siamo capaci di vivere la missione con gioia o siamo presi dal pessimismo e dalla stanchezza?». Nella seconda giornata di lavori dell’assemblea generale Cism, in corso a Tivoli, padre GianPaolo Salvini, già direttore de La Civiltà Cattolica, è ripartito da qui per ribadire che «se c’è stato un vero incontro con Gesù, non si può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri». Ha chiesto ancora: «La nostra missione ha quel dinamismo che spesso sembra perduto o indebolito per essere Chiesa in uscita, nella continua tensione tra carisma e istituzione? I diversi carismi sanno rigenerarsi in un contesto mutato, un mondo secolarizzato e appiattito sull’oggi e le sue sfide: dall’idolatria della scienza e del denaro all’economia impersonale che si dimentica della persona umana che dovrebbe servire?». Ancora, ha domandato: «Siamo abituati a essere una minoranza, intendendo questo come qualità, sale, lievito, come i nuovi martiri dei nostri giorni insegnano? A mettere inquietudini nel modo di pensare e vivere dei nostri contemporanei, sconvolgendo con il Vangelo i criteri di pensiero dell’umanità?».

Nessuna religione, ha continuato il religioso, è oggi perseguitata quanto il cristianesimo; «chiaro il compito dei religiosi: denunciare gli idoli mostrando con la propria esistenza che è possibile una vita diversa, che rende liberi e felici nell’incontro con il Signore». Sullo sfondo, quella gioia di cui parla l’esortazione apostolica Evngelii gaudium: «Non sforzo ma dono di Dio, e i doni del Signore non si conquistano ma si chiedono nella preghiera, ritrovando uno stile di vita autentico». Due le vie indicate per portare il Vangelo, quelle seguite dalla Chiesa delle origini: «Portare la luce di tutte le culture, assumendo quanto di buono c’è in ciascuna e trasformandole dall’interno. E poi il dialogo interreligioso, per trovare un comune terreno di intesa e di linguaggio, compito che spetta a tutti i credenti».

Oggi, ha rilevato il gesuita, «si ha paura del definitivo. Se la cultura secolarizzata è una sfida per il Vangelo, la vita consacrata ne è una controsfida. L’obbedienza liberamente scelta diviene segno profetico della signoria di Dio, tanto più se vissuta autenticamente nella povertà e fraternità». Il mondo ha bisogno di «testimoni che optano per i poveri, senza dimenticare che il futuro della nuova evangelizzazione è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne e specialmente di quelle consacrate».

5 novembre 2014