Orp a convegno sul tema della bellezza

L’apertura con l’arcivescovo Forte. Il pellegrinaggio educa a «rimanere inesausti cercatori del bello», il cui ultimo nome «resta custodito nel silenzio di Dio»

L’apertura con l’arcivescovo Forte. Il pellegrinaggio educa a «rimanere inesausti cercatori del bello», il cui ultimo nome «resta custodito nel silenzio di Dio»

I tanti volti della bellezza al centro del XIX Convegno nazionale teologico-pastorale, organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi, dal titolo “Il pellegrinaggio: fede e bellezza”, che si è aperto questa mattina, lunedì 30 gennaio, al The Church Village Hotel con i saluti di monsignor Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Orp. La bellezza nei pellegrinaggi, nella musica, nella Chiesa, nella fede, nella vita dell’uomo: questi i temi scelti per i lavori.

Per monsignor Andreatta sono i giovani che oggi «insegnano» il valore della bellezza perché, a differenza degli adulti, «sono ancora capaci di stupirsi. Noi invece abbiamo perso il senso del Creato e della natura. Abbiamo quindi voluto proporre gli aspetti della bellezza a 360 gradi, che vanno dal creato, dove Dio si manifesta, all’uomo, tabernacolo di Dio, all’arte che è opera degli uomini».

Il pellegrinaggio, per l’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, è l’icona della vita: «La condizione dell’essere umano in questo mondo è quella del pellegrino» ha affermato, in quanto solo quando «l’uomo comincia a capire di essere chiamato alla vita vincitrice della morte» può riconoscersi «pellegrino verso una meta in grado di vincere l’ultimo silenzio e di dare valore alle opere e ai giorni» e quindi «vivere non sarà più soltanto un imparare a morire ma diverrà un lottare per dare senso alla vita». Durante il suo intervento su “Il pellegrinaggio e la luce della bellezza”, il teologo ha ricordato l’esperienza vissuta dai discepoli di Emmaus. L’incontro con Cristo li trasformò da «viandanti malati di rimpianto in
pellegrini della speranza» ancor prima di riconoscerlo.

«La vita – ha evidenziato Forte – comincia quando il desiderio e la domanda sono accesi nel cuore, quando si riconosce la notte come tale e si ha sete della luce che rischiari la tenebra. Cristo è il pellegrino venuto dall’Eterno per chiamare l’uomo alla libertà del farsi sempre di nuovo pellegrino verso l’Eterno». L’arcivescovo ha quindi analizzato “La luce della bellezza” elencando i nomi dati al termine bello nelle lingue sacre dell’Occidente, sottolineando che l’ultimo nome del bello «resta custodito nel divino silenzio. È la bellezza oltre ogni bellezza, il silenzio di Dio oltre le tante parole degli uomini che cercano di dire l’indicibile». Il pellegrinaggio, quindi, educa a «rimanere inesausti cercatori della bellezza più grande, pellegrini verso il Volto nascosto, assetati della patria promessa, anticipatamente rivelata e pregustata nel Bel Pastore, venuto fra noi».

«La missione del pellegrino – ha aggiunto Andreatta – è da riscoprire ogni giorno perché bisogna avere sempre il coraggio di alzarsi e camminare. La vita è un cammino alimentato da una grande fede e da tanto amore». Paolo Portoghesi, professore emerito di Geoarchitettura alla Sapienza, si è soffermato su “La Chiesa custode della bellezza” evidenziando che la Chiesa da un lato è di fatto custode di innumerevoli opere d’arte di
straordinaria bellezza, dall’altro «ha il dovere e la responsabilità di custodire la bellezza come attributo divino in un momento in cui nelle società più sviluppate del nostro tempo è in atto un allontanamento dalla bellezza ridotta a strumento di dominio e di consenso e vista con sospetto anche nel campo dell’arte che era stato per secoli il suo prediletto terreno di cultura».

Nella nostra epoca, quindi, «la bellezza ha due volti contrapposti: il potere la difende perché trascina, persuade, produce consenso, purché rimanga qualcosa di relativo, e coincida con ciò che produce piacere e soddisfazione, senza creare problemi etici o ontologici. Per i credenti, invece, la parola bellezza, spogliata della sua ambiguità, consente un accesso privilegiato al divino». Dopo una lunga analisi sulla bellezza nell’architettura ecclesiastica e nell’arte dalle origini all’epoca moderna, corredata da immagini di opere, l’architetto ha evidenziato che occorre «aspirare a una più moderna e rinnovata bellezza che abbracci sì l’inquietudine del nostro tempo, ma anche le speranze e le certezze. Un nuovo umanesimo è necessario sia per salvarci dal rischio del disastro ambientale sia per riavvicinarci in modo nuovo agli imperativi di giustizia, di pace, di eguaglianza che l’eredità
cristiana ci addita». Ha quindi ricordato che anche Papa Francesco, nell’enciclica “Laudato sì” invita a riflettere sulle condizioni in cui si trova la «nostra casa comune». «Per i fedeli – ha concluso – la casa comune è non solo la terra ma anche quel microcosmo che è la chiesa edificata simbolicamente sulla pietra angolare che è Cristo. La tutela quindi deve estendersi dal cosmo al micro-cosmo, dalla terra alle chiese cristiane».

30 giugno 2017