Oratorio del Caravita: porte aperte all’accoglienza dei più fragili
Ogni sabato la chiesa si trasforma in una mensa che accoglie circa 110 persone. Il rettore padre Nevola: «Un servizio di prossimità a tutti i livelli». Il sostegno dell’8xmille
Si trova nel cuore di Roma, tra via del Corso e il Pantheon, l’Oratorio di San Francesco Saverio del Caravita: un luogo di culto ma anche di accoglienza, ascolto e carità. La chiesa infatti ogni sabato, a pranzo, apre le sue porte e si trasforma in una mensa pronta ad accogliere quanti chiedono un sostegno e un conforto. «Nonostante l’emergenza Covid, non ci siamo mai fermati. Solo durante il primo lockdown, nel 2020, abbiamo preferito optare per i sacchetti da portar via contenenti panini, bottigliette d’acqua e frutta – spiega il rettore padre Massimo Nevola, superiore della comunità dei Gesuiti di Sant’Ignazio, presentando il progetto nato nell’aprile del 2017 e promosso dalla Comunità di Vita Cristiana insieme alla Lega missionaria studenti -. Abbiamo capito però che la gente aveva un profondo bisogno di incontro e vicinanza, così anche in zona rossa ci siamo impegnati per proseguire senza interruzioni il nostro servizio». Perché la dignità dei più fragili passa anche attraverso la relazione e lo stare insieme a tavola.
«Tutto è stato rimodulato secondo le norme anti-contagio, quindi grande attenzione viene prestata alla misurazione della temperatura, al distanziamento e all’igienizzazione. Si è deciso, inoltre, di organizzare la mensa in due turni: si comincia a mezzogiorno e si prosegue poi alle 13.30 – aggiunge il rettore -. Iniziammo con 60 persone, oggi ne accogliamo in totale circa 110». Tra loro, non solo stranieri ma anche tanti italiani: c’è chi, infatti, travolto dalla crisi economica, ha perso il lavoro precario di cui viveva e chi invece fatica ad arrivare alla fine del mese con la sola pensione sociale. Una povertà sempre più crescente e celata, quella della Capitale, a cui cerca di far fronte questo progetto di aiuto al prossimo sostenuto da donazioni private ma anche dai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica assegnati dalla diocesi di Roma, «fondamentali per la gestione della mensa e, quindi, per la manutenzione, l’igienizzazione, le riparazioni e il pagamento delle utenze, oltre che di alcune derrate alimentari».
Assai preziosa anche la collaborazione dei volontari, il motore propulsore del servizio: è infatti soprattutto grazie a loro se la mensa si trasforma in un’occasione di scambio, dialogo e condivisione. «Sono circa una ventina le persone che donano gratuitamente il proprio tempo e le proprie energie – commenta ancora padre Nevola -: alcuni sono membri della comunità religiosa, altri sono docenti, alunni ed ex alunni del vicino liceo Visconti, dove insegno religione». Ma come si svolge la loro giornata tipo? Già dal venerdì sera un piccolo numero di volontari si occupa di raccogliere gli alimenti e cucinare dei pasti che siano curati e attenti ai bisogni di ciascuna persona, poi verso le 11 del giorno seguente inizia l’organizzazione e preparazione dei tavoli. Una collaborazione fattiva che si ripete tutti i sabati dell’anno, anche durante la settimana di Ferragosto e le feste di Natale. «Il nostro è un servizio di prossimità a tutti i livelli, non soltanto materiale con l’offerta del cibo, ma anche umana, sociale e spirituale – precisa il rettore -. Per ciascuno di noi è fondamentale instaurare un rapporto e una conversazione con chi ci troviamo davanti».
Oltre al clima familiare, un altro tratto distintivo della mensa dell’Oratorio del Caravita è l’inclusione: «Ciascun pranzo è sempre preceduto da una preghiera e da un momento di raccoglimento caratterizzati da un profondo rispetto della fede altrui – spiega padre Nevola -. Non solo scegliamo dei testi, degli argomenti e delle formule che possano essere condivise, ma rivolgiamo anche una speciale attenzione a ciò che viene cucinato, evitando di offrire, ad esempio, la carne di maiale o gli alcolici ai fratelli musulmani».
Ricordando un versetto del Vangelo di Marco, aggiunge: «“I poveri li avete sempre con voi”, disse Gesù, tuttavia noi speriamo che questo servizio possa un giorno terminare, non perché non ci siano i volontari ma perché non ce ne sia più bisogno». Un auspicio condiviso anche da Camillo Barone, giovane giornalista volontario della mensa del Caravita: «Fa male vedere le persone sole – confessa -. Oggi più che mai c’è fame sia in senso fisico ma anche di relazioni, per questo ritengo sia fondamentale mostrarsi umani, oltre che desiderosi di conoscere il nome e la storia di ciascuna persona che si incontra».
2 luglio 2021