Operatori Caritas lasciano la “linea di contatto” ucraina

Lo riferisce al Sir la direttrice di Caritas Ucraina Stawnychy: «Osserviamo la situazione in attesa che ridiventi sicura». Timore dalle violazioni del cessate il fuoco

Sospesi gli aiuti umanitari in Ucraina. La direttrice di Caritas Ucraina Tetiana Stawnychy riferisce all’Agenzia Sir che l’escalation militare nella zona ha costretto gli operatori a lasciare i territori della “linea di contatto”, dove la scorsa settimana erano impegnati a portare aiuti umanitari alla popolazione. Si è quindi di prendere una pausa, in attesa di poter tornare quando e se la situazione lo renderà possibile. Dall’inizio di quest’anno, l’équipe mobile della Caritas Zaporizhzhia ha continuato a fornire assistenza sotto forma di kit alimentari negli insediamenti di Ocheretynska e Mariinska, della regione di Donetsk. «Abbiamo team che regolarmente vanno nei luoghi di confine per portare aiuti umanitari ma giovedì sono dovuti tornare indietro –  racconta la direttrice di Caritas Ucraina al Sir -. Hanno comunque completato il lavoro ma a causa del peggioramento della situazione e dei combattimenti lungo la “contact line” abbiamo dovuto fermarci per una settimana. Stiamo osservando la situazione in attesa che ridiventi sicura abbastanza da permettere al nostro team di tornare e continuare a portare gli aiuti umanitari nella regione».

La direttrice Caritas conferma quello che si legge sui giornali: gli ucraini «non sono nel panico e sono resilienti. Ma c’è una grandissima pressione interna». A preoccupare di più gli operatori Caritas, spiega, sono le continue violazioni del cessate il fuoco proprio nella “contact line”. Intanto continua il lavoro delle diplomazie per evitare che la situazione nel Donbass precipiti del tutto. Secondo il ministro russo per le emergenze Alexander Chupriyan, è arrivato a circa 61mila il numero di civili in fuga dalla regione ucraina del Donbass e riparati in Russia, a Rostov. Caritas Ucraina riferisce i dati russi ma fa anche notare che l’intera regione conta 7 milioni di abitanti e se tanti stanno lasciando, molti rimangono e le condizioni di vita diventano ogni giorno più difficili. Cibo, acqua potabile, medicine, riscaldamento e soprattutto supporto psicologico: questi, raccontano al Sir, gli aiuti umanitari che stanno portando in quelle regioni. Con un occhio di riguardo per gli anziani, che «hanno particolari bisogni in quanto spesso non possono muoversi per problemi di salute», e per le famiglie con bambini, spesso «nati e cresciuti nella guerra» e che «conoscono solo questo tipo di realtà ed esistenza». La guerra infatti va avanti da 8 anni. «I nostri operatori e psicologi – le parole di Stawnychy – stavano lavorando proprio su questo fronte non solo con i bambini ma anche con insegnanti e genitori con un progetto che vede coinvolte 17 scuole della zona».

Nell’analisi della Caritas locale, un deterioramento del dialogo politico e una potenziale escalation delle ostilità minacciano di aumentare questi bisogni in modo esponenziale. La guerra, osserva la direttrice, «sarebbe l’esito più tragico in questo momento. Devono continuare tutti gli sforzi diplomatici provando a intraprendere ogni possibile via, ogni possibile soluzione per evitare il conflitto. Dopo 8 anni di conflitto, nessuno qui vuole la guerra». Quindi rinnova il suo appello per una soluzione diplomatica, perché «la guerra distrugge tutto, è perdita di vite umana, trauma, impossibilità di accesso ai beni primari come acqua potabile, cibo, riscaldamento. È la rottura di una società».

21 febbraio 2022