Omicron 5, Ciccozzi: mascherina «abbandonata troppo presto»

L’epidemiologo del Campus Bio-Medico fa il punto sull’attuale situazione del Covid-19 in Italia. «Questa variante potrebbe essere l’ultima ma ci ha abituati a continue sorprese». Il picco atteso per metà luglio. «Serve prevenzione seria»

Risponde al telefono dall’aeroporto di Ciampino, da dove sta per imbarcarsi per qualche giorno di vacanza, e osserva come «su oltre 100 persone qui presenti in attesa del proprio volo, a indossare la mascherina siamo in 4». Così fotografa l’attuale situazione legata al Covid-19 Massimo Ciccozzi, ordinario di Statistica medica ed epidemiologica molecolare all’Università Campus Bio-Medico di Roma, che con il virologo Arnaldo Caruso, ordinario di microbiologia clinica all’Università di Brescia, ha identificato la variante italiana.

Professore, l’aumento dei contagi – sono quasi 72mila i casi nazionali registrati dal bollettino della Protezione civile di ieri, 3 luglio, e 8673 quelli nel Lazio – richiederebbe ancora l’utilizzo del dispositivo di protezione, almeno in alcuni contesti?
Assolutamente sì, perché con la variante Omicron 5, quella che ci interessa in questa fase, siamo di fronte alla più contagiosa delle cinque sorelle delle varianti del virus. Il governo dovrebbe dare più ascolto alla scienza, mentre l’obbligo della mascherina è caduto. Dovrebbe almeno prevalere il buon senso nelle persone, quanto meno quando ci si trova in ambienti affollati, come un aeroporto, tralasciando il fatto che anche sugli aerei, in quanto mezzi di trasporto, la mascherina, che abbiamo abbandonato troppo presto e senza ragione, dovrebbe a mio avviso ancora essere obbligatoria. Al momento non c’è un virus più contagioso di questo, che è pari per contagiosità al morbillo e alla varicella e con i virus respiratori la mascherina è uno strumento di prevenzione fondamentale.

Omicron 5, quindi, “buca” anche le tre dosi di vaccino, seppure portando a una forma di malattia che viene giudicata dai medici meno grave.
Spero che questa variante sia l’ultima versione, quella che porterà all’endemizzazione e quindi alla convivenza con il virus. Tutto sembra andare in questa direzione, anche se il Covid-19 ci ha abituati a continue sorprese. Tuttavia, dal punto di vista dello studio evolutivo e darwiniamo del virus, dovrebbe essere così. Detto questo, la malattia non va sottovalutata perché uno studio che stiamo conducendo ci dice che il virus provoca oggi febbre alta e un forte mal di gola, moltiplicandosi quindi nelle prime vie polmonari, a differenza di quanto accadeva nella fase iniziale. A dire che non ci sono le polmoniti e non c’è quindi l’impegno delle terapie intensive, però notiamo un distress respiratorio, cioè una forma di insufficienza respiratoria acuta, che ci dà da pensare, specie perché potrebbe portare a un aumento dei ricoveri ordinari e avere delle conseguenze soprattutto sulle persone anziane e quelle più fragili, l’80% delle quali non ha ricevuto la quarta dose del vaccino, per loro invece assolutamente necessaria. Non si è insistito abbastanza in questo senso, a mio parere.

Quale pensa sarà la prospettiva legata al vaccino, in generale?
Non possiamo pensare che le persone vengano sottoposte a due o tre dosi di vaccino ogni anno. Dovrà trattarsi di una dose annuale, una sorta di richiamo come quello che si fa adesso per l’influenza. Va anche sottolineato che un vaccino non è comunque mai sterilizzante rispetto a un virus ma toglie solo i sintomi. Ecco perché dico che dobbiamo agire anche sulla prevenzione usando la mascherina, della quale siamo tutti stanchi, ma che è, unita al vaccino, l’arma che abbiamo contro il virus. Se il virus endemizza, come spero e credo, non siamo lontani da una situazione di normalizzazione, dovendo però abituarci poi ad avere ciclicamente pochi casi e piccoli picchi.

Allo stato attuale il picco di questa nuova ondata di contagi per quando è atteso?
Se guardiamo a come questa variante del virus – che arriva dal Portogallo e prima ancora dal Sud Africa – si è comportata, possiamo notare che nel giro di due mesi di forte diffusione viene raggiunto il picco e poi i casi iniziano a scendere. Noi dovremmo avere il picco intorno al 10-15 luglio, da lì in poi dovrebbe cominciare la discesa della curva. Quello che dispiace è che noi questo virus lo abbiamo sempre rincorso, non siamo mai stati in grado di anticiparlo né di tracciarlo e questo segnala la necessità per l’Italia di una totale riforma della Sanità del territorio. Io non sono mai stato preoccupato per la situazione, nemmeno quando imperversava la variante Delta, ma oggi lo sono perché vedo una situazione di caos decisionale a livello di governo e un generale disorientamento: manca una guida e serve una azione di prevenzione seria, perché dobbiamo farci trovare pronti per la prossima pandemia. Non è sufficiente solo curare, serve prevenire e per farlo è necessario “sburocratizzare” certi sistemi, cioè alleggerire e togliere la burocrazia, che è un forte impedimento nel nostro Paese.

Pensa a qualche situazione in particolare?
Pensiamo agli over-80 o alle persone fragili, per i quali il medico è nelle condizioni di offrire un piano terapeutico basato sugli antivirali, farmaci equivalenti all’antibiotico nella cura contro i batteri, ma indicati contro i virus. Il medico può farlo ma a fronte di una burocrazia che rallenta questo processo. Voglio dire che con questa pandemia abbiamo perso in tante cose, dovremmo almeno vincere nella prevenzione e nell’apprendere e nell’imparare dall’esperienza, intervenendo dove necessario.

4 luglio 2022