Omicidio George Floyd, Welby (Canterbury): «Trasformare la rabbia in riconciliazione»

Il videomessaggio dell’arcivescovo mentre le proteste infiammano anche l’Europa. «L’azione della riconciliazione richiede giustizia, non semplice oblio»

Mentre la rabbia per la morte di George Floyd infiamma non solo gli Stati Uniti ma anche l’Europa, con migliaia di persone radunata a Trafalgar Square, a Londra, per esprimere il loro sdegno, dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby arriva un videomessaggio che prende a prestito le parole del leader sudafricano Nelson Mandela per ribadire che «dobbiamo trasformare la rabbia in riconciliazione».

I manifestanti, nonostante le regole del governo che vietano assembramenti per la pandemia di Covid-19, hanno applaudito e sventolato cartelli in sostegno delle proteste negli Usa. L’arcivescovo, leader spirituale della Comunione anglicana nel mondo, è sceso anche lui a fianco della comunità afro. «Le minoranze black nelle nostre comunità, nel nostro Paese, negli Stati Uniti e in altri molti posti, sono state colpite terribilmente e in maniera sproporzionata. Razzismo endemico e supremazia bianca hanno avuto un impatto tragico nelle nostre società», ha affermato. Welby si è detto scioccato dai video che riprendono l’omicidio e ha osserva come la rabbia che ne è scaturita sia «generata da una profonda ingiustizia. L’azione della riconciliazione richiede giustizia, non semplice oblio – ha continuato -. Richiede una profonda trasformazione delle nostre società».

Anche in un comunicato firmato con l’arcivescovo di York John Sentamu (originario dell’Uganda), il leader anglicano è tornato a parlare del male endemico del razzismo e della supremazia bianca. «I nostri cuori piangono per coloro che hanno perso la vita, per coloro che hanno subito persecuzioni, per chi vive nella paura – si legge nel testo -. Il razzismo è un insulto a Dio. Nasce dall’ignoranza e deve essere sradicato. Tutti abbiamo la responsabilità e tutti dobbiamo fare la nostra parte per eliminare questo flagello sull’umanità». Nel comunicato viene citato Martin Luther Jong: «Siamo tutti stati catturati in un’unica rete di reciprocità, tutti legati da un unico destino. Pertanto l’ingiustizia che si consuma in un luogo, è una minaccia alla giustizia ovunque».

L’arcivescovo di Canterbury ha dato anche il suo pieno appoggio e sostegno all’arcivescovo Michael Bruce Curry, primate della Chiesa episcopaliana americana, che ha fortemente protestato contro il presidente Trump per essersi fatto fotografare con una Bibbia in mano davanti alla St. John Episcopal Church, di fronte alla Casa Bianca, per rafforzare il suo messaggio contro le proteste. «Facendo così – ha detto l’arcivescovo Curry – ha usato un edificio della chiesa e la Sacra Bibbia per scopi politici ideologici. Lo ha fatto in un momento di profonda sofferenza e dolore per il nostro Paese, e la sua azione non ha fatto nulla per aiutarci o per guarirci. La Bibbia ci insegna che “Dio è amore” e Gesù di Nazaret ci ha comandato “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. La Bibbia tenuta in mano dal Presidente e la chiesa di fronte alla quale si trovava, rappresentano i valori dell’amore, della giustizia, della compassione e di un modo nuovo per guarire le nostre ferite. Abbiamo bisogno che il nostro presidente e tutti coloro che ricoprono cariche siano leader morali che ci aiutano a essere un popolo e una nazione che vivono questi valori».

4 giugno 2020