Oltre 70 vittime in mare al largo della Siria

Il naufragio il 22 settembre. A bordo, tra i 120 e i 170 migranti e rifugiati. Grandi (Unhcr): «Troppe persone sull’orlo del baratro». Il cordoglio del Centro Astalli

Erano partiti martedì 20 settembre dal porto di Miniyeh, vicino a Tripoli, in Libano, diretti verso l’Europa. Due giorni dopo, giovedì 22, l’imbarcazione che li trasportava è naufragata al largo della Siria. A bordo c’erano tra i i 120 e i 170 migranti e rifugiati, per lo più siriani, libanesi e palestinesi. Donne, bambini, uomini e anziani. Le acque siriane hanno restituito finora almeno 70 corpi senza vita. In 20 sono stati trasferiti all’ospedale della città di Tartous, alcune in gravi condizioni.

In Libano, le agenzie delle Nazioni Unite stanno approfondendo con le autorità competenti e offriranno sostegno alle famiglie in lutto. L’Unhcr, l’Agenzie delle Nazioni Unite per i rifugiati, in Siria sta anche fornendo un sostegno materiale ai sopravvissuti a Tartous. Per l’Alto Commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi, «questa è l’ennesima straziante tragedia. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze a tutte le persone colpite e chiediamo la piena solidarietà della comunità internazionale per contribuire a migliorare le condizioni delle persone costrette a fuggire e delle comunità ospitanti in Medio Oriente, in particolare nei Paesi vicini alla Siria. Troppe persone sono spinte sull’orlo del baratro», ha commentato.

Anche nelle parole di António Vitorino, direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), «le persone in cerca di sicurezza non dovrebbero essere costrette a intraprendere viaggi migratori così pericolosi e spesso mortali. Dobbiamo lavorare insieme – ha aggiunto – per aumentare i canali sicuri e legali per la migrazione regolare, per contribuire a ridurre le perdite di vite umane e proteggere le persone vulnerabili in movimento». E il commissario generale dell’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il  soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) Philippe Lazzarini ha parlato di «tragedia. Nessuno – ha detto – sale su queste barche della morte con leggerezza. Le persone prendono queste decisioni pericolose, rischiando la vita in cerca di dignità. Dobbiamo fare di più per offrire un futuro migliore e affrontare il senso di disperazione in Libano e in tutta la regione, anche tra i rifugiati palestinesi», l’esortazione.

In risposta all’aumento delle partenze via mare dalla regione negli ultimi mesi, le tre agenzie Onu invitano gli Stati costieri ad «aumentare gli sforzi per costruire la loro capacità di ricerca e salvataggio» e «lavorare per garantire la prevedibilità nell’identificazione di luoghi di sbarco sicuri». Tuttavia, aggiungono, «è ancora più importante che si agisca per affrontare le cause alla radice di questi spostamenti e che la comunità internazionale, in linea con il principio della condivisione delle responsabilità, rafforzi l’accesso a canali alternativi più sicuri per evitare che le persone debbano ricorrere a viaggi pericolosi». E ancora, «un maggiore sostegno umanitario e allo sviluppo deve essere fornito alle persone costrette a fuggire e alle comunità ospitanti in tutta la regione, per contribuire ad arginare le loro sofferenze e a migliorare le loro condizioni e opportunità di vita. In caso contrario – concludono -, rifugiati, richiedenti asilo, migranti e sfollati interni continueranno a intraprendere viaggi pericolosi in cerca di sicurezza, protezione e una vita migliore».

Dall’Italia, il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti esprime «dolore e cordoglio» per la «tragica notizia della morte evitabile di decine di persone in fuga da guerre e violenze. Sono uomini, donne e bambini – aggiunge – che in mancanza di alternative legali, cercano di mettersi in salvo affidandosi ai trafficanti che gestiscono illegalmente una parte sempre più significativa di mobilità umana». Proprio per questo il Centro Astalli non smette di chiedere «l’attivazione di canali umanitari e quote di ingresso regolari che consentano di gestire la mobilità umana in modo legale e sicuro e pongano così fine all’ecatombe che si consuma dai anni alle porte d’Europa», insieme a «politiche di accoglienza e integrazione che possano consentire alle persone migranti di vivere in sicurezza e dignità e dare il loro contributo al benessere e alla crescita del Paese».

26 settembre 2022