“Nuovi stili di vita” nel messaggio Cei per la Giornata per la custodia del creato

Il testo dei vescovi per la 15ª edizione, che si celebra il 1° settembre. «Le Chiese cristiane sappiano promuovere scelte radicali per la salvaguardia del pianeta»

“Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà (Tt 2,12). Per nuovi stili di vita”. Questo il tema del messaggio per la 15ª Giornata nazionale per la custodia del creato, che ricorre il 1° settembre, diffuso dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei. «Gli stili di vita ci portano a riflettere sulle nostre relazioni, consapevoli che la famiglia umana si costruisce nella diversità delle differenze», scrivono i presuli. Di qui la proposta di «alcune opposizioni su cui riflettere nelle nostre comunità come invito urgente a nuove relazioni: accettare/omologare; accogliere/escludere; dominare/servire».

Ricordata, nel messaggio, anche le indicazioni per le comunità emerse nel convegno ecumenico del 2018 “Il tuo cuore custodisca i miei precetti”, che «possono diventare riferimenti per le iniziative pastorali in questo periodo». Tra queste, «comunicare la bellezza del creato; denunciare le contraddizioni al disegno di Dio sulla creazione; educare al discernimento, imparando a leggere i segni che il creato ci fa conoscere; dare una svolta ai nostri atteggiamenti e abitudini non conformi all’ecosistema; scegliere di costruire insieme una casa comune, frutto di un cuore riconciliato». E, ancora, la richiesta di «mettere in rete le scelte locali», promuovere «liturgie ecumeniche sulla cura del creato in particolare per il Tempo del Creato (1° settembre-4 ottobre)», elaborare una «strategia educativa integrale, che abbia anche dei risvolti politici e sociali; operare in sinergia con tutti coloro che nella società civile si impegnano nello stesso spirito». Da ultimo, l’auspicio che «le Chiese cristiane sappiano promuovere scelte radicali per la salvaguardia del creato».

Il punto di partenza è proprio il rapporto con l’ambiente: «Tutto è connesso – scrivono i vescovi ricordando le parole di Francesco nella preghiera straordinaria del 27 marzo – e la pandemia è anche il segnale di un “mondo malato”». Essa appare, «oltre che per ragioni sanitarie non ancora spiegate, anche come la conseguenza di un rapporto insostenibile con la Terra». L’emergenza sanitaria, insomma, « rimanda anche all’altra grande crisi: quella ambientale, che pure va affrontata con lungimiranza». Riferendosi alla «profondità» e all’«ampiezza» degli effetti che il mutamento climatico sta avendo sul pianeta, i vescovi osservano che «se “nulla resterà come prima”, anche in quest’ambito dobbiamo essere pronti a cambiamenti in profondità, per essere fedeli alla nostra vocazione di “custodi del creato”».

Troppo spesso invece, è il richiamo delle due commissioni episcopali, «abbiamo pensato di essere padroni e abbiamo rovinato, distrutto, inquinato, quell’armonia di viventi in cui siamo inseriti». Per rimediare, è necessario «assumere uno sguardo contemplativo, che crea una coscienza attenta, e non superficiale, della complessità in cui siamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità. Da esso – proseguono – nasce una nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale e, di conseguenza, si impone la necessità di stili di vita rinnovati, sia quanto alle relazioni tra noi, che nel nostro rapporto con l’ambiente». Ancora, dai vescovi arriva anche l’invito rileggere la Laudato si’ nelle diocesi, nelle parrocchie, in tutte le associazioni e movimenti «in maniera metodica e capillare, con l’aiuto di varie competenze».

In apertura del messaggio, il riferimento all’«anno drammatico» della pandemia di Covid-19, che «ha portato malattia e morte in tante famiglie, ha messo in luce la nostra fragilità, ha ridimensionato la pretesa di controllare il mondo ritenendoci capaci di assicurare una vita migliore con il consumo e il potere esercitato a livello globale. Sono emerse – osservano i presuli – tante contraddizioni nel nostro modo di concepire la vita e le speranze del futuro». Ancora, «si è visto un sistema socio-economico segnato dall’inequità e dallo scarto, in cui troppo facilmente i più fragili si trovano più indifesi». L’emergenza però «ha anche messo in luce una capacità di reazione forte della popolazione, una disponibilità a collaborare». Evidenziato in particolare, nel messaggio, l’impegno di medici e operatori sanitari, «pronti a spendersi con generosità, in alcuni casi fino al dono della vita, per la cura dei malati», di tanti lavoratori e famiglie. «Abbiamo toccato con mano tutta la nostra fragilità ma anche la nostra capacità di reagire solidalmente a essa – si legge ancora nel testo -. Abbiamo capito che solo operando assieme, anche cambiando in profondità gli stili di vita, possiamo venirne a capo. Ne è prova anche la solidarietà che si è venuta a creare verso i nuovi poveri che bussano alla porta della nostra vita».

Adesso, affermano i vescovi, «è tempo di ripensare tanti aspetti della nostra vita assieme, dalla coscienza di ciò che più vale e le dà significato, alla cura della stessa vita, così preziosa, alla qualità delle relazioni sociali ed economiche. Davvero la pandemia ha evidenziato tante situazioni di vuoto culturale, di mancanza di punti di riferimento e di ingiustizia, che occorre superare. Non ultimo – osservano -, in un contesto di incertezza e fragilità, diventa fondamentale ricostruire un sistema sanitario fondato sulla centralità della persona e non sull’interesse economico. Il suo smantellamento ha creato le condizioni per un impoverimento sociale».

5 giugno 2020