Al Bambino Gesù due nuovi robot per la neuroriabilitazione

Si chiamano “Arm e Hand” (cioè braccio e mano) e “Wrist” (polso). Aiuteranno i piccoli a recuperare l’uso della mano e dell’arto superiore

Si chiamano “Arm e Hand” (cioè braccio e mano) e “Wrist” (polso). Aiuteranno i piccoli a recuperare l’uso della mano e dell’arto superiore

Il laboratorio di Analisi del movimento e Robotica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, attivo dal 2000 nella sede di Palidoro e dal 2011 a Santa Marinella, arricchiesce la sua dotazione tecnologica. Grazie alla donazione della Fondazione Roma, arrivano infatti due nuovi robot: i sistemi InMotion “Arm e Hand”, cioè “braccio e mano”, e “Wrist” (“polso”), i primi di questo tipo ad essere installati nel Lazio. Si tratta di robot di ultima generazione progettati per consentire il recupero della funzionalità dell’arto superiore nei pazienti con disabilità motorie dovute a danni neurologici, congeniti o acquisiti. Una dotazione che si aggiunge al Locomat, un dispositivo che aiuta il paziente nella riabilitazione degli arti inferiori, già in uso nella struttua di Santa Marinella.

«Le donazioni in questo periodo di tagli ci aiutano moltissimo, ma rappresentano anche un riconoscimento di quello che l’ospedale fa sul territorio», ha detto questa mattina, mercoledì 10 febbraio, durante la presentazione, Mariella Enoc, presidente della Fondazione Bambino Gesù. «Questo ospedale – ha aggiunto – è noto per fare ricerca traslazionale, quindi non per se stessa ma per arrivare direttamente al letto del paziente. In questo caso è fatta attraverso delle macchine collegate a uno stimolo che il cervello dà attraverso il movimento della mano. Una grande innovazione tecnologica per migliorare la vita dei bambini con disabilità».

Tornare ad afferrare e manipolare oggetti. È questo lo scopo dei due nuovi sistemi in dotazione all’ospedale pediatrico: possono essere adattati alle difficoltà funzionali durante la crescita, a partire dall’età di 3 anni, e consentono di applicare i più moderni principi di apprendimento motorio, supportando e correggendo i movimenti delle braccia dei piccoli pazienti. Altro aspetto innovativo risiede nella capacità dei robot di adattarsi ai progressi dei pazienti, modificando la modalità di interazione e consentendo una personalizzazione del trattamento.

I due macchinari, informano dall’ospedale, saranno utilizzati da almeno 6 pazienti al giorno che effettueranno sedute di circa un’ora. «Per ciascuna seduta (ogni trattamento ne prevede in media 20) personale appositamente preparato adatterà i robot alle esigenze specifiche del bambino. Si stima che saranno circa 100 i bambini che in un anno potranno trarre vantaggio dai nuovi robot».

«Il compito principale dell’ospedale – ha continuato Enoc – è quello di risolvere ogni grave complessità che interessi i pazienti e le loro famiglie. Grazie a questa doppia donazione, anche nell’ambito della riabilitazione motoria continueremo a fornire risposte sempre più all’altezza». Assicurata la massima «trasparenza nella gestione die fondi che riceveremo e che abbiamo già ricevuto», la presidente ha annunciato che «a marzo avremo il prossimo consiglio di amministrazione in cui approveremo dei progetti su cui la prima raccolta potrà dare sostegno e cominceremo a dire quali sono i primi progetti che abbiamo sostenuto, quanto costano, e con quale denaro sono stati finanziati».

Soddisfazione anche da parte del presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, che ha rinnovato «la vicinanza della Fondazione Roma al mondo dell’infanzia e la sua attenzione nei confronti della salute, cui viene dedicata la maggior parte delle risorse istituzionali. Un impegno troppo spesso dimenticato dai media e che è sempre più necessario, dal momento che lo Stato, in questo come in altri campi, continua a latitare». Emanuele ha ricordato l’introduzione di Locomot, il primo robot donato al Bambino Gesù. «Sono molto affezionato a questo luogo – ha proseguito – perché mi ha dato la possibilità di rivedere il sorriso sul viso dei bambini e dei loro genitori. Già dopo l’introduzione del Locomot ho visto il cambiamento perché i bambini vedevano la terapia come un gioco. Più che mai in questo ospedale ho avuto la conferma che le fondazioni possono fare quello che questo Stato in ritirata non fa più nell’aiuto all’assistenza in campo medico».

10 febbraio 2016