Nuova stagione per “Casa di Leda”

Sinergia tra amministrazioni pubbliche e terzo settore per la struttura protetta che accoglie mamme detenute per reati minori insieme ai loro bambini

Prende avvio una nuova fase operativa per “Casa di Leda”, la struttura protetta per mamme detenute per reati minori, alle quali è stata data, in seguito al riconoscimento della capacità genitoriale, la possibilità di vivere insieme ai propri figli. Grazie alla sinergia tra amministrazioni pubbliche e terzo settore è nato infatti un modello integrato di intervento che consentirà non solo di rispondere agli obiettivi istitutivi della casa ma anche e soprattutto di realizzare un percorso di reinserimento sociale e lavorativo delle donne accolte. «L’Azienda pubblica di servizi alla persona “Asilo Savoia” e la cooperativa sociale Cecilia onlus, in qualità di capofila di un’Associazione temporanea di scopo (Ats) composta dalla cooperativa Pronto Intervento Disagio onlus e l’associazione di volontariato Ain Karim, hanno sottoscritto una convenzione della durata di nove mesi per la prosecuzione di tale progetto di convivenza protetta – spiega il presidente di “Asilo Savoia” Massimiliano Monnanni -.  L’intervento si inquadra in un accordo promosso dalla Regione Lazio con Roma Capitale e Asilo Savoia e viene realizzato grazie all’apporto della Cassa delle Ammende del ministero della Giustizia e al cofinanziamento della Direzione Inclusione sociale della Regione Lazio».

Insomma, ciò che emerge in questa nuova fase di sviluppo e potenziamento del servizio è una governance pubblica che «non si limita a distribuire risorse ma programma la distribuzione delle stesse sulla base di una progettualità di largo respiro». Una operatività che si congiunge poi in maniera integrata e complementare a quella dei tre soggetti del terzo settore, impegnati nella gestione diretta della casa. «Ci sono tutte le condizioni – prosegue Monnanni – perché questa struttura si trasformi in un servizio permanente caratterizzato da continuità strutturale».

Un risultato importante per “Casa di Leda”, il primo progetto in Italia, attivo dal 2017, a dare concreta attuazione alla legge 62 del 2011 in materia di valorizzazione del rapporto tra madri detenute e figli minori. La struttura, un immobile confiscato alla criminalità organizzata nel quartiere Eur, prende infatti il nome da Leda Colombini, in memoria delle sue battaglie per i diritti delle mamme detenute e dei loro figli costretti a vivere in carcere. «“Casa di Leda”, che finora ha ospitato 25 donne e 30 bambini, può accogliere fino a sei mamme in pena alternativa alla detenzione o agli arresti domiciliari con figli minori da 0 a 10 anni – informa il presidente -. A ciascuna di queste donne vengono garantiti interventi individualizzati di sostegno per l’autonomia e di supporto alla genitorialità».

La casa protetta, che ha ricevuto la visita di Papa Francesco nel 2018 e che al momento ospita sei mamme e nove bambini, si propone da una parte di rispondere al problema della impropria detenzione di bambini all’interno delle istituzioni penitenziarie, dall’altra di preparare il nucleo mamma-bambino all’uscita dalla struttura. Nessuno spazio all’assistenzialismo dunque: attraverso il supporto di educatori e operatori le mamme hanno infatti la possibilità di seguire percorsi di orientamento al lavoro e svolgere attività ludiche e ricreative insieme ai loro piccoli. Per i bambini sono previste inoltre l’iscrizione al nido o alla scuola materna e l’assegnazione del pediatra. Il tutto sotto il coordinamento di due psicologhe che supportano quotidianamente le donne anche con colloqui individuali. Insomma, a “Casa di Leda” ogni dettaglio viene studiato e curato perché diventi per queste mamme e i loro piccoli occasione di crescita, sviluppo e inclusione.

12 febbraio 2021