Novembre 1988, Sant’Egidio inaugura la mensa per i poveri

Su Roma Sette l’apertura della struttura della Comunità in via Dandolo al servizio dei senza dimora

Via Dandolo 10, una strada alle spalle del Ministero della Pubblica Istruzione… quasi al cuore di Trastevere. E proprio qui, la scorsa settimana, è stata aperta una nuova mensa per “indigenti” realizzata e gestita dalla Comunità di S. Egidio. Due locali comunicanti, molto ampi, capaci di ospitare, quattrocento persone.

Stampe in bianco e nero, quadri e composizioni floreali alle pareti. Tovaglie di stoffa bianca e blu o bianca e rossa sui tavoli (particolare non irrilevante, che contribuisce a rendere l’atmosfera familiare) e, in occasione dell’inaugurazione, un piccolo omaggio ai «barboni» arrivati per cena: una saponetta agli uomini ed un sacchettino di lavanda alle donne, avvolti in un’allegra carta da regalo fermata da un nastrino rosso…

L’organizzazione della mensa non appare eccessivamente complicata. Una convenzione con il Comune di Roma permette di coprire, in parte, i costi ed un contratto con una ditta specializzata nel settore garantisce la fornitura dei pasti precotti che, riscaldati al momento (con forni a microonde) vengono serviti dai ragazzi. Anzi, Mario Marazziti – «portavoce» della Comunità di S. Egidio – tiene a sottolineare che «… il servizio non è strutturato come un self-service, ma i piatti vengono portati in tavola… sempre per ottenere un senso di personalizzazione maggiore possibile…».

Tra l’altro il menù è mirato (ad esempio mancano alcolici e carne di maiale) oltre che per attenzione dietetica, anche per rispetto alle persone di fede musulmana che prevedibilmente usufruiranno della mensa.

«In nove anni di amicizia con le persone che stanno in strada – ci dice ancora Marazziti – abbiamo dato vita a varie iniziative: centri di accoglienza e scuole per stranieri, l’ambulatorio, la casa-ostello “Tenda di Abramo”, sempre a Trastevere, e soprattutto ci siamo sforzati di dare, in parte, soluzione ai problemi di solitudine ed emarginazione delle persone che vivono per strada, in una città che oscilla tra l’indifferenza e l’inospitalità. Ad un certo punto abbiamo trovato questi locali che ci sembravano inserirsi bene nel tessuto di ospitalità che ormai è nato a Trastevere. Allora organizzando collette, raccogliendo fondi anche con l’aiuto di alcune parrocchie, siamo riusciti a ristrutturarli e renderli adatti per le nostre necessità».

Marazziti, chi potrà usufruire della mensa e come potrà farlo? «Le persone che verranno, debbono essere state riconosciute “poveri” dal Comune. In pratica dovrà esserci un tesserino, un foglio d’accompagnamento, una dichiarazione dell’assistente sociale, un qualcosa che ci segnali la condizione di queste persone. Devo dire che per buona parte le conosciamo e coloro che ancora ne sono sprovvisti saranno aiutati da noi ad ottenere tutti i documenti necessari. Il nostro tentativo è quello di non mandare via nessuno, sempre rispettando le leggi che giustamente regolano questo tipo di cose».

Qual è il vostro desiderio, con l’attuazione di questa mensa? «Il desiderio, da realizzare insieme alla Caritas ed al Comune di Roma, è quello di provare a risolvere in modo più organico almeno il problema del mangiare, alla sera, delle persone senza fissa dimora. E questo è un elemento centrale per garantirne la sopravvivenza. Che prevede poi, in seguito, un’ulteriore e approfondita conoscenza, da cui potranno nascere altre e più articolate soluzioni» (di Giuseppe Ciociola)

20 novembre 1988