«Noi siamo Francesco», la normalità del disabile

Un film, di Guendalina Zampagni, coraggioso nei contenuti e disinvolto nel modo di affrontarli: «Una storia piena di vitalità e leggerezza»

Un film, di Guendalina Zampagni, coraggioso nei contenuti e disinvolto nel modo di affrontarli: «Ho voluto raccontare una storia piena di vitalità e leggerezza»

È arrivato nelle sale un film italiano coraggioso nei contenuti e disinvolto nel modo di affrontarli. Si tratta di Noi siamo Francesco, curioso fin dal titolo. Siamo in Puglia, oggi. Francesco, studente universitario, è privo delle braccia e il suo amico del cuore Stefano, estroverso e invadente, lo stimola a non trascurare i segnali di simpatia che riceve da alcune ragazze alle lezioni. Il problema di Francesco è quello della “prima volta”, che il suo coetaneo lo invita ad affrontare con spavalderia, mentre la mamma Gloria affronta l’argomento con maggiore prudenza e incertezza.

Quello della disabilità giovanile è un tema assai delicato e ad alto rischio di trattazione superficiale o retorica. La regista, Guendalina Zampagni, al suo secondo film, dopo Quell’estate, del 2008, lo affronta con bella spavalderia e un certo coraggioso distacco. «In via preliminare – riferisce – ho scelto di raccogliete testimonianze vere di ragazzi disabili, ho costruito la storia attraverso le difficoltà che la madre incontra nell’aiutare il figlio ad avere una vita intima autonoma e soddisfacente. Nonostante la crudezza dell’argomento, ho voluto raccontare una storia piena di amore, vitalità e leggerezza».

Aiutata nel copione dall’esperto Aurelio Grimaldi, la regista ha optato per una scelta narrativa tra realismo e commedia, calibrando con cura diversi registri ma restando sempre con un passo più avanti all’interno di un umorismo teso e un po’ amaro. Le varie scansioni che punteggiano il racconto hanno sapori che arrivano direttamente dalle location. Tutto girato tra Conversano e Monopoli, il copione acquista un forte respiro dialettale e si lascia cullare dentro alcuni passaggi dall’esuberanza giovanile della provincia. Tra sapori vintage e feste anni Ottanta, il gruppo dei ragazzi scavalca gli inevitabili imbarazzi della disabilità, dimostrando che nessuno deve sentirsi escluso.

Interessante è anche la scelta degli attori: a interpretare Francesco e i suoi coetanei ci sono ragazzi e ragazze quasi esordienti, provenienti da scuole di teatro e, accanto, alcune presenze importanti a dare supporto alla concretezza dei fatti: in primo piano Elena Sofia Ricci, nel ruolo della madre Gloria: «Una madre – dice – sensibile e forte nel suo difficile ruolo, una che non ha paura di sbagliare, contraddirsi, amare e proteggere il figlio fino al limite di dimenticare se stessa». In alcuni passaggi la regia affianca al problema principale (la disabilità) quello della prima volta. Lanciando un ulteriore esplicito avvertimento a non creare barriere tra chi è Francesco e chi non lo è. Altrimenti, e veramente, lo siamo tutti.

 

Massimo Giraldi