Noduli della tiroide, un progetto per diagnosi più puntali

Uno studio sulla spettroscopia con tecnica Raman, nota in altri settori, potrebbe ridurre fino al 50 per cento gli interventi non necessari

Noduli tiroidei sempre più frequenti e diagnosi sempre più complesse portano spesso i medici a intervenire chirurgicamente solo per effettuare una diagnosi. Per ottenere una diagnosi più accurata, puntando a ridurre fino al 50 per cento gli interventi non necessari, l’Università Campus Bio-Medico di Roma sta sviluppando il progetto Raman, che vede la collaborazione dell’Università Roma Tre, per il quale hanno ottenuto un Grant dal ministero della Salute.

I ricercatori hanno scelto di utilizzare una metodica come la spettroscopia Raman, nota finora soprattutto per le sue applicazioni nell’ambito dei beni culturali e nella ricerca delle sofisticazioni alimentari. Trasferita nella pratica clinica e nella ricerca sanitaria, sta dando risultati interessanti.

Si parte dalla metodica dell’ago aspirato per arrivare a capire se un paziente è candidato a chirurgia o non lo è analizzando il materiale biologico prelevato. La tecnica Raman è un potente mezzo per individuare composti molecolari anche all’interno di un sistema complesso come le cellule dei tessuti. Attraverso questo tipo di esame si ottiene il vero e proprio “fingerprint”, l’impronta digitale molecolare di uno specifico tessuto o anche di una specifica cellula. Questo permette di caratterizzare dal punto di vista della composizione biochimica tutte le varie patologie della tiroide.

Ma come viene raggiunto questo importante risultato? Per realizzare la procedura si utilizzano uno spettrometro, un computer, un laser e il software ad esso connesso. Il vetrino con la goccia di materiale biologico, ottenuto tramite l’esame di ago aspirato, viene posto sotto l’obiettivo ottico.

Dopo la calibrazione del laser viene attivata la telecamera che permette di visionare il materiale attraverso l’obiettivo ottico. Si avvia quindi l’emissione del laser a luci spente per evitare interferenze nella misurazione. Attraverso un software è poi possibile visualizzare il segnale preliminare dell’area scelta per l’analisi. Dopodiché si effettua la misura che dura qualche decina di secondi. Lo spettro completo, caratterizzato da diversi picchi riferibili a specie biochimiche e/o molecolari, indicherà le caratteristiche di quel materiale biologico. Per fare un paragone con la nostra vita quotidiana è come dire che leggendo il barcode di un etichetta, un software è in grado di risalire alle specifiche di un prodotto commerciale. Nel nostro caso il fingerprint Raman è il barcode specifico di ciascun nodulo tiroideo.

Dopo un lungo studio per definire quali profili Raman caratterizzano il tessuto normale e i diversi noduli benigni e maligni della tiroide, il progetto è giunto alla fase di validazione diagnostica. Fino ad adesso l’interpretazione molecolare dei fingerprint Raman raccolti durante questo studio è stata attuata da esperti del settore nel Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, diretti dalla professoressa Maria Antonietta Ricci. Il confronto con i dati clinici e chirurgici all’Università Campus Bio-Medico di Roma ha permesso di assegnare ciascun profilo Raman ad uno specifico tipo di nodulo tiroideo con una accuratezza del 90%. I risultati di questo studio sono stati pubblicati quest’anno sulla rivista internazionale Scientific Reports.

Oggi abbiamo bisogno di rendere il sistema utilizzabile dai medici nella loro attività ambulatoriale, svincolato da una interpretazione complessa e fruibile nella routine clinica, in modo da integrare la visita endocrinologica e l’agoaspirato con questa informazione aggiuntiva che aumenta l’accuratezza diagnostica. In questa fase del progetto sistemi di intelligenza artificiale stanno elaborando migliaia di spettroscopie raccolte in anni di studio, per la costruzione di un algoritmo diagnostico che permetterà di istruire un sistema automatico in grado di riconoscere il fingerprint del nodulo del paziente ed assegnarlo alla diagnosi corrispondente.

Questo processo che personalizza la diagnosi, e di conseguenza il trattamento, basandosi sul complesso delle caratteristiche della lesione sarà la moderna integrazione della competenza professionale del medico con le tecniche avanzate di diagnostica strumentale. Per questo ambizioso obiettivo la nostra università ha avviato una collaborazione internazionale con importanti aziende del settore spettroscopico in Inghilterra e in Germania e si conta di raggiungere la disponibilità del prototipo nel corso del prossimo anno. (Anna Crescenzi, Direttore Uoc Anatomia Patologica e Paolo Pozzilli, Direttore Endocrinologia e Diabetologia)

16 dicembre 2020