Sono almeno 73 dall’inizio dell’anno le vittime delle violenze dei pastori fulani in Nigeria. Nonostante questo «il governo non sta facendo nulla per impedire che uccidano un gran numero di persone, inclusi molti bambini». A raccogliere la denuncia del vescovo di Maiduguri Olivier Dashe Doeme è la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre. Maiduguri è la “patria” della setta islamista Boko Haram, che proprio qui è stata fondata, ed è la diocesi nigeriana maggiormente colpita dalla sua violenza: migliaia le vittime in questi ultimi anni, ma anche 25 scuole distrutte, così come 3 ospedali anche questi gestiti dalla Chiese. Profanati e danneggiati anche 200 chiese e 3 conventi.

«Proprio mentre sembrava che le violenze di Boko Haram stavano finalmente volgendo al termine – spiega monsignor Doeme – ecco che sono incominciate le violenze dei pastori fulani ai danni degli agricoltori cristiani». Sono stati probabilmente alcuni di loro a compiere gli attacchi che hanno insanguinato le celebrazioni cristiane della notte di Capodanno, quando uomini armati hanno aperto il fuoco in due chiese della diocesi guidata da monsignor Doeme uccidendo 17 persone. I fedeli di Maiduguri conservano però una fede «irremovibile», assicura il vescovo, aggiungendo che «è davvero sorprendente come nonostante tutto i cristiani continuino ad assistere alla Messa e a partecipare alle attività pastorali. Sono attaccati, rigettati e perfino uccisi a causa della loro fede, eppure sono pronti a tutto per mostrare la loro devozione religiosa».

La Chiesa a Maiduguri è fortemente impegnata nel prendersi cura dei circa 100mila sfollati e di vedove e orfani delle oltre 5mila vittime uccise da Boko Haram. «Alcuni di loro – riferisce il vescovo – non hanno davvero di che vivere». A loro la fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre dedica una campagna di raccolta fondi, per aiutare 500 vedove e mille dei bambini resi orfani da Boko Haram. «Non potremo mai ringraziarvi abbastanza per tutto ciò che fate per noi. Il vostro aiuto – conclude il presule – ci permette di sopravvivere, in attesa che giunga finalmente la pace per la nostra Chiesa e per il nostro Paese».

30 gennaio 2018