Nicaragua: le reazioni alla liberazione dei vescovi Alvarez e Mora

Il cardinale Brenes, già presidente della Conferenza episcopale, rompe il silenzio: «Le vie del Signore, diverse dalle nostre». E non usa la parola “deportazione”

Dopo un silenzio durato mesi sull’arresto del vescovo Rolando Álvarez (Matagalpa) – condannato nel febbraio 2023 a 26 anni di carcere -, il cardinale Leopoldo Brenes, già presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua, è intervenuto a commento della sua liberazione, avvenuta domenica scorsa, 14 gennaio. Con lui sono stati liberati anche il vescovo Isidoro Mora Ortega, della diocesi di Siuna, incarcerato il 20 dicembre, 15 sacerdoti e 2 seminaristi. 19 in tutto i rappresentanti della Chiesa cattolica liberati dal regime di Ortega, grazie ai negoziati tra il regime e la Santa Sede, ha assicurato Brenes. «Dopo un dialogo tra il governo nicaraguense e la Santa Sede – ha detto -, si è concordato di trasferire a Roma il vescovo Rolando, il vescovo Isidoro, i sacerdoti e i due seminaristi. Le vie del Signore sono così diverse dalle nostre e in certe situazioni ci chiede una risposta: “Eccomi Signore per fare la tua volontà”». Il presidente dei vescovi ha parlato di “trasferimento”, senza mai usare la parola “deportazione”.

Di rilascio «rassicurante» ha parlato Brian Nichols, assistente del segretario di Stato americano per gli Affari dell’emisfero occidentale, continuando a chiedere, attraverso il suo profilo X, la liberazione di tutti i prigionieri politici. «Ortega-Murillo ha espulso oggi 19 chierici cattolici ingiustamente detenuti, tra cui il vescovo Alvarez – si legge -. Siamo rassicurati dal rilascio di questi leader religiosi. Tutti hanno il diritto di praticare il proprio culto in patria e all’estero. Continuiamo a chiedere il rilascio di tutti coloro che sono ingiustamente detenuti e il ripristino delle libertà fondamentali per il popolo nicaraguense».

Anche Max Jerez, presidente dell’Alleanza universitaria nicaraguense (Aun), già detenuto politico, rileva che «i nostri vescovi sono stati mandati in un luogo sicuro, ma non dobbiamo dimenticare che la persecuzione religiosa continua in Nicaragua, che ci sono anche molti fratelli e sorelle che continuano a essere prigionieri politici della dittatura e che anche loro meritano la libertà», riferisce il sito indipendente 100%Noticias. Un sentimento di gioia agrodolce, il suo, accompagnato dalla convinzione che la persecuzione contro la Chiesa non cesserà. «Dobbiamo sottolineare che il bando e l’esilio forzato sono un crimine contro l’umanità – aggiunge -. Vogliamo che i nostri pastori siano nelle loro parrocchie, nelle loro chiese, nelle loro cattedrali, che celebrino la Messa con la loro gente, che camminino per le strade con le loro processioni con la loro gente e questo è ciò che dobbiamo ottenere».

La deportazione, nell’analisi dell’attivista Haydeé Castillo, è una «sconfitta» per la dittatura nicaraguense: «Questo – afferma – è un trionfo per il nostro popolo in resistenza. È una sconfitta per la dittatura, che non può più sostenere le sue bugie. Ora avremo più forza per lottare per il resto dei prigionieri politici che rimangono in carcere».

17 gennaio 2024