Nicaragua, i vescovi scrivono al presidente Ortega

La richiesta dei presuli: «Ci dica per scritto se vuole che continuiamo la mediazione». A seconda della risposta «verrà considerato se continuare o meno e valuteremo la riconvocazione del dialogo»

I vescovi della Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) hanno deciso di chiedere per scritto al presidente Daniel Ortega se desidera che siano ancora mediatori e testimoni del Dialogo nazionale. La conferma, raccolta dall’Agenzia Fides, arriva dal vescovo di Jinotega Carlos Herrera. «È stato deciso di mandare una lettera per essere corretti – spiega – e sapere se vuole davvero che continuiamo come mediatori e testimoni». La conferenza episcopale nicaraguense si era riunita lunedì 23 luglio per decidere quali azioni intraprendere dopo che i vescovi erano stati accusati pubblicamente dal presidente Ortega, durante le celebrazioni del 19 luglio, di essere «golpisti».

I presuli sono tornati a incontrarsi ieri, 26 luglio, per analizzare la situazione che vive il Paese a 100 giorni dall’inizio delle contestazioni, mentre sale ogni giorno la conta dei morti, che ormai ha superato quota 400. «È stato deciso alla riunione che la lettera sarebbe stata inviata il più presto possibile. A seconda della risposta, verrà considerato se continuare o meno e valutemo anche la (ri)convocazione del dialogo», sottolinea monsignor Herrera. «Quello che abbiamo fatto è essere testimoni del dialogo – aggiunge -; in questi giorni sapremo se continueremo». La prossima riunione della Conferenza episcopale nicaraguense è in programma per lunedì 30 luglio.

Nel frattempo la tensione continua a crescere, sia a livello interno che internazionale. Lunedì 23 luglio si è svolta una marcia degli autoconvocati, che ha visto per la prima volta tornare in strada, dopo l’inizio della crisi, tutti gli studenti che si erano nascosti dopo essere stati minacciati e perseguitati, davanti all’Università dove tutto ha avuto inizio, al grido “Siamo studenti non delinquenti”. Hanno invaso le strade prima di essere dispersi dalla polizia con metodi violenti. A livello internazionale, l’Agenzia Fides segnala la morte violenta di una giovane brasiliana, Raynéya Gabrielle Lima, 31 anni, studentessa di medicina in Nicaragua, a quanto sembra per colpi d’arma da fuoco sparati da paramilitari. Il secondo evento è  l’intervista concessa dallo stesso presidente Ortega alla Fox Tv degli Stati Uniti, nella quale afferma che «In Nicaragua non è successo niente una settimana fa»: L’esercito paramilitare che ha represso nel sangue la popolazione disarmata, nelle parole di Ortega, ha solo risposto «alle forze politiche»dell’opposizione. E ancora: «Non c’è un solo sacerdote che può dire di essere stato attaccato dal governo», né «mai nessuno» è morto in nessuna chiesa.

A queste dichiarazioni ha risposto ieri, giovedì 26 luglio, lo stesso vicepresidente Usa Mike Pence, che ha accusato Ortega: «In Nicaragua – ha affermato – il governo del presidente Ortega sta praticamente combattendo una guerra contro la Chiesa cattolica». L’occasione: una cerimonia al Dipartimento di Stato, che ha ospitato un vertice sulla libertà religiosa con la partecipazione di oltre 80 rappresentanti dei governi di tutto il mondo.

27 luglio 2018