“Nessuna guerra è giusta”: Lorizio e Damilano in dialogo sulla pace

L’incontro nella Galleria dei Miracoli, a via del Corso. Gli strumenti «nuovi» di guerra nelle democrazie occidentali, il «pacifismo etico» e il ruolo del «mediatore»

Non esiste una guerra giusta, non è mai esistita e, dunque, non è mai tempo per una guerra. Concordano su questo punto monsignor Giuseppe Lorizio e Marco Damilano, protagonisti dell’incontro “È ancora tempo di guerre giuste? Per una cultura della pace”, che si è svolto ieri, 29 gennaio, nella Galleria dei Miracoli della chiesa di Santa Maria dei Miracoli, a via del Corso. Moderati dalla coordinatrice del settimanale diocesano Roma Sette, Giulia Rocchi, hanno dialogato il teologo Lorizio, direttore dell’Ufficio per la cultura della diocesi di Roma, che ha promosso l’incontro, e Damilano, giornalista, saggista e conduttore televisivo. Durante l’evento anche alcuni brani e poesie sul tema, recitati dall’attrice Isabel Russinova.

«Uno sviluppo della dottrina cattolica, che è dinamica, mai statica, ci porta oggi a dire, finalmente, che la guerra non è mai giusta», ha spiegato Lorizio, che ha fatto un parallelismo con la pena di morte, tuttora ammessa in alcuni Stati. «Addirittura fino a pochi decenni fa anche nel Catechismo – ha evidenziato – ma oggi condannata senza se e senza ma». Allo stesso modo, nel corso dei secoli ci sono stati tentativi o anche necessità di giustificare le guerre, perfino da parte del cristianesimo. «Il mondo però si evolve, cambia, fino ad arrivare oggi a non avere alcun dubbio che non si debba mai fare del male neanche al nemico, perché esso è una persona come chiunque altro». A fargli eco Marco Damilano, che ha posto l’accento sull’associazione tra pace e giustizia. «Un binarismo oggi affievolito – ha spiegato – a vantaggio, purtroppo, di una pace senza giustizia, che è una sorta di quieto vivere destinato a non durare troppo».

Secondo Damilano, l’escalation di violenze degli ultimi venticinque anni è dovuta anche «alla società mediatica, che consente alle dittature più efferate di “giustificare” le loro azioni, ponendo così la guerra come una questione di giustizia grazie al terreno fertile della propaganda». Per l’ex direttore de L’Espresso, a differenza degli anni ’90, con guerre come quella nella ex Jugoslavia, «oggi anche il giornalismo subisce una frenata perché si fa molta più fatica a raccontare le storie delle vittime e dei deboli, sempre a causa della propaganda e di un controllo molto più capillare». Tutto ciò, ha aggiunto il giornalista, ha portato all’interno delle nostre democrazie occidentali degli strumenti nuovi di guerra: ovvero «la logica dell’amico-nemico in politica, lo scontro costante, senza armi ma con le parole, con meno libertà di espressione e di stampa, come pure gli attacchi social».

Una ricetta proposta da entrambi gli interlocutori è stata quella del «pacifismo etico». Non più, dunque, come in passato, una neutralità «che oggi vorrebbe dire essere complici, lavarsene completamente le mani», hanno spiegato, ma «essere pacifisti riproponendo all’interno del conflitto la presenza di un terzo attore, ovvero colui che si pone come mediatore». Se, però, questa figura oggi manca – e con essa la possibilità di una pace concreta – «la colpa è anche di un’opinione pubblica sempre più assuefatta alla guerra -, ha spiegato Damilano -. Pure i governanti – ha aggiunto – sono anestetizzati e non si scandalizzano più per l’inizio di un nuovo conflitto». Per combattere questi mali quindi, è la conclusione di Lorizio, serve «recuperare una sana educazione al rispetto delle relazioni e dell’uomo. Perché è molto forte, purtroppo, una diseducazione, una povertà educativa alla pace».

30 gennaio 2024