Neonato morto in ospedale: l’indagine della procura e l’Audit clinico

La nota di pediatri, neonatologi e ginecologi: «Implementare il rooming-in ma i genitori siano informati sulla sicurezza del bambino e i sanitari offrano assistenza». Staiano (Sip): «La stanchezza dopo il parto può colpire tutte le donne. Non vergognarsi di chiedere aiuto»

La fatica del travaglio, i dolori del parto, la mancanza di sonno. È una tragedia che non ha (ancora) un perché quella che si è consumata all’ospedale Petrini di Roma nella notte tra 7 e 8 gennaio, quando un neonato di 3 giorni è morto, presumibilmente schiacciato dalla madre, caduta nel sonno dopo l’allattamento, nella sua stanza. La donna, 30 anni, è risultata negativa ai test tossicologici, si esclude pertanto che avesse assunto farmaci o altre sostanze. Nel frattempo – mentre si aspettano i risultati dell’autopsia del piccolo, tra 60 giorni – si indaga per chiarire se ci siano state violazioni dei protocolli del rooming-in, che prevedono che dopo il parto il neonato sia nella stessa stanza della mamma, o delle negligenze, come denunciato da alcuni familiari. Al momento la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti. La Asl Roma2 invece informa che è stato attivato, come da prassi, «un Audit clinico per verificare la correttezza e l’aderenza alle best practice e l’appropriatezza delle procedure» ed è stata consegnata alla magistratura tutta la documentazione in possesso, per «consentire uno svolgimento delle indagini che conduca, il più rapidamente possibile, a ricostruire la dinamica degli avvenimenti e ad accertare eventuali responsabilità».

Dalla direzione della Asl sottolineato anche che la pratica del rooming-in è «ormai consolidata nel contesto nazionale e internazionale per sostenere il contatto tra neonato e mamma, sin dalle prime ore dopo la nascita». Al Pertini, aggiungono, «tutte le puerpere vengono informate dei rischi connessi alla gestione del bambino, venendo peraltro edotte, anche con la sottoscrizione di un modulo, sulle azioni da effettuare per evitare il verificarsi di eventi avversi». Lo confermano gli esperti: «La moderna organizzazione delle Maternità prevede la gestione congiunta di madre e bambino, il cosiddetto rooming-in, che va proposto fornendo il necessario sostegno pratico e psicologico alla nuova famiglia», si legge in una nota congiunta di Società italiana di neonatologia (Sin), Società italiana di pediatria (Sip), Società italiana di ginecologia ed ostetricia (Sigo) e Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi). Al contrario, «la gestione separata di madre e neonato, prevalente in epoche passate, ostacola l’avvio della relazione genitore-famiglia-neonato, è contraria alla fisiologia, anche dell’allattamento, e non garantisce da eventi neonatali imprevisti e tragici».

Le principali società scientifiche italiane d’area perinatale, da tempo impegnate nel promuovere la relazione madre-bambino e l’allattamento al seno, spiegano che «la condivisione del letto fra una madre vigile e un neonato sano, messo in una posizione di sicurezza, è un fatto naturale, pratico, indiscutibile». Raccomandano però di «evitare la condizione del co-sleeping, giudicata non sicura, suggerendo di riporre il bambino a fine poppata nella propria culla, in particolare quando non siano presenti altri caregiver (familiari o operatori sanitari). Questa prudenza – aggiungono – è giustificata ben oltre la permanenza di mamma e bambino nel Punto nascita e interessa tutti i primi 6 mesi di vita». Certo, resta inevitabile, nonostante le cautele, che mamma e piccolo possano spontaneamente addormentarsi nello stesso letto. «Si tratta di un evento che, più che essere drammatizzato, richiede un rinforzo di informazione alle famiglie sulla sicurezza del bambino durante il sonno – si legge ancora nella nota -. La carenza a livello nazionale del personale sanitario, pesantemente sofferta anche nell’area del percorso nascita, non è motivo sufficiente per giungere a ipotizzare proposte assistenziali involute e di minore qualità come la gestione separata di madre e bambino», chiosano gli esperti.

Sin, Sip, Sigo e Aogoi, insomma, «sottolineano il valore essenziale della pratica del rooming-in» e ne raccomandano l’implementazione, che per essere appropriata prevede che «le famiglie siano adeguatamente informate, coinvolte e supportate» e che gli operatori sanitari «offrano un’assistenza per quanto possibile individualizzata ed empatica». A firmare il documento Luigi Orfeo, presidente Sin; Annamaria Staiano, presidente Sip; Nicola Colacurci, presidente Sigo; Antonio Chiàntera, presidente Aogoi.

Sulla morte del piccolo è intervenuto anche il Tavolo tecnico allattamento al seno della Società italiana di pediatria, guidato da Guglielmo Salvatori, suggerendo anche la possibilità del “Sudden Unexpected Postnatal Collapse” (collasso neonatale improvviso e inaspettato). «Con questa definizione – spiega Salvatori – si esprime un raro e improvviso evento, a volte un decesso, in una gran parte dei casi senza spiegazione, che può verificarsi nei primi 7 giorni di vita». I pediatri puntualizzano, ancora, che non esiste una posizione ideale per allattare ma invitano a «essere vigili sul fatto che il piccolo respiri bene e abbia un buon colorito», favorendo il rooming-in. L’obiettivo, spiegano, è quello di «rafforzare il legame e incentivare l’allattamento al seno. È più sicuro che il bimbo dorma nella culletta, evitando materassi o cuscini molto morbidi. Va raccomandato che dorma a pancia sopra», ribadiscono. Quindi un consiglio che è anche una rassicurazione: non aver timore di chiedere che il neonato venga portato nella nursery se si ha bisogno di riposare. «Non è qualcosa di cui vergognarsi – sottolinea la presidente Sip Annamaria Staiano -: la stanchezza dopo il parto può colpire tutte le donne, in misura diversa».

25 gennaio 2023