Nell’Oratorio del Caravita in mostra le migrazioni, tra dramma e speranza

Inaugurato l’allestimento “Exodus”, dell’artista bosniaco Safet Zec, in mostra fino al 31 luglio. Di Tora (Migrantes): «Siamo in un passaggio epocale»

Pathos, indifferenza, dolore ma anche speranza, rispetto, interesse. La realtà delle migrazioni è espressa in tutte le sue sfaccettature nella mostra “Exodus”, allestita negli spazi della Chiesa di San Francesco Saverio del Caravita a Roma, fino al 31 luglio. Promossa dalla Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Caritas di Roma con la collaborazione dell’associazione A.M.I.C.I. e Agite s.r.l., la mostra si compone di 13 tele dell’artista bosniaco Safet Zec. Lui, per primo ha sperimentato la tragedia dell’esodo, scappando dalla guerra a Sarajevo e rifugiandosi in Italia: «La mia è un’opera collettiva. C’è l’aiuto della mia famiglia in questo, di mia moglie e dei miei due figli. L’arte si deve vedere, perché è così che trasmette il suo messaggio. Così come un libro si legge e la musica si ascolta».

oratorio caravita exodusUna madre che piange con in braccio un figlio, una zattera sul mare dove si mescolano coloro che vedono terra e alzano il braccio in segno di gioia e coloro che non riescono ad alzare neanche lo sguardo, fisso sui cadaveri dei loro figli. Nelle tele dipinte da Zec c’è anche il piccolo Aylan, il bimbo siriano trovato senza vita sulle spiagge della Grecia. La mostra, fin dal titolo, richiama la dimensione biblica dell’esodo di centinaia di migliaia di migranti giunti in Europa. L’obiettivo è valorizzare la realtà migratoria senza strumentalizzarla; la speranza è che l’evento, composto da immagini e incontri di grande impatto emotivo, sociale ed etico, porti a una crescita interiore, per accostarsi “all’altro” con umiltà e senza timori.

exodus oratorio caravita«Le migrazioni sono un fenomeno mondiale – ha spiegato il vescovo Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes -, non riguardano solo Italia o Europa. È una realtà geopolitica che cambierà nel tempo l’assetto mondiale. Si tratta di un passaggio epocale, di quelli che cambiano la storia. Capire le migrazioni vuol dire entrare in una prospettiva di vita completamente diversa. Il messaggio che vogliamo dare e suscitare nelle coscienze di tanti che non sentono questo problema – ha aggiunto – è quello di riscoprire il senso di unità con gli altri. La migrazione è un fenomeno che deve essere governato e non abbandonato e lasciato a se stesso. Questa mostra, così come gli incontri che le faranno seguito, vogliono essere un’esperienza culturale che richiami tutti, al fine di costruire un mondo nuovo di speranza per il futuro».

Dell’esposizione ha parlato anche il curatore, lo storico dell’arte Giandomenico Romanelli. «In questi pannelli dipinti con la tecnica mista – ha spiegato -, Zec ritrova le linee portanti della sua ricerca trentennale. L’impegno contro la guerra e la violenza. La sua espressione artistica è un grido di dolore e di denuncia. Per lui parlano i volti e le figure dei suoi quadri. Visi sofferenti, che denunciano le umiliazioni e la distruzione volute e organizzate da uomini contro uomini”.

Insieme all’esposizione, l‘Oratorio del Caravita ospita anche un ciclo di incontri, dal 27 febbraio al 10 aprile, incentrati sulla tematica delle migrazioni. Un ricco programma di film, spettacoli teatrali e musicali, poesia, dibattiti e approfondimenti. «Per noi è un onore ospitare queste opere – afferma il rettore della chiesa di San Francesco Saverio padre Massimo Nevola-.  Qui, dalla nostra chiesa, nel 1600 partivano i padri missionari gesuiti. Oggi la missione della nostra comunità è comprendere che siamo tutti umani e questa mostra ci aiuta. Su queste tele c’è il dramma ma anche la speranza».

La mostra Exodus è visitabile tutti i giorni, dalle 10 alle 19 con ingresso libero, fino al 31 luglio.

20 febbraio 2019