Nell’Italia “delle partenze e dei ritorni”, servono «politiche demografiche familiari»

L’arcivescovo Perego (Migrantes) al convegno organizzato con Inps. Aumentano i giovani che scelgono l’espatrio ma anche i pensionati che partono “richiamati” dai figli

Sono oltre 300mila le pensioni pagate dall’Inps all’estero riferite a immigrati che hanno lavorato e maturato i contributi in Italia per poi fare ritorno al loro Paese. Un dato che monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, giudica «molto pericoloso» perché se una persona decide di lasciare l’Italia dopo avervi trascorso molti anni, significa che nel nostro Paese, interessato da un continuo calo demografico, «non c’è una capacità di inclusione e attrazione». L’arcivescovo è intervenuto a margine del convegno “Italia delle partenze e di ritorni. I pensionati migranti di ieri e di oggi” svoltosi questa mattina, 10 ottobre, a Palazzo Wedekind. Riflettendo sui 560mila ingressi previsti dall’ultimo decreto flussi a fronte delle 800mila richieste da parte degli imprenditori, il presule osserva che «bisogna cambiare sistema, favorire l’incontro tra domanda e offerta e pensare alle regolarizzazioni. Al momento ci sono almeno 500mila irregolari impiegati soprattutto nell’assistenza alla persona. Bisogna guardare in faccia la realtà che ci chiede politiche demografiche familiari. Valorizzare da subito la presenza dei migrati facendo incontrare domanda e offerta di lavoro significa mettere in sicurezza loro ma al tempo stesso avere costi previdenziali inferiori e quindi risorse che entrano nelle casse dello Stato». Durante il convegno il presule ha inoltre riflettuto che in Italia «si sente sempre parlare di arrivi ma anche le partenze e i ritorni hanno il loro peso. Questo incontro ha il merito di non essere pregiudiziale perché si basa su dati e studi precisi».

Il convegno, promosso da Fondazione Migrantes e Inps – che quest’anno celebra il 125° anniversario di fondazione -, moderato dal vicedirettore di Adnkronos Fabio Insenga, è stato introdotto dal direttore generale dell’Inps Vincenzo Caridi, il quale ha evidenziato che obiettivo prioritario dell’istituto è quello di «consentire al lavoratore migrante di affrontare con maggiore tranquillità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa altrove, con tutte le garanzie tipiche previste in Italia». Delfina Licata, sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes, nel focus dedicato all’andamento dei trasferimenti all’estero ha spiegato che dal 2006 al 2022 la mobilità italiana all’estero è cresciuta dell’87%. «L’unica Italia che cresce in un Paese sempre più longevo e spopolato è quella che risiede all’estero», ha affermato. Dati alla mano, il 42% delle partenze annuali per la sola motivazione espatrio riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni.

L’Italia quindi perde contributi perché i giovani emigrano, ha rimarcato Vito La Monica, direttore centrale Pensioni Inps. E si trasferiscono all’estero «quelli con conoscenze e competenze che potrebbero contribuire di più al sistema previdenziale», ha aggiunto. Susanna Thomas, della direzione centrale Pensioni Inps, ha posto l’accento su un altro aspetto ossia quello «del trend in forte crescita» dei pensionati italiani che si trasferiscono all’estero “richiamati” dai figli. «Nel 2022 il 40% del totale dei pensionati ha lasciato l’Italia – ha detto -. Si tratta soprattutto di ricongiungimenti, di genitori che raggiungono i figli e che aiutano con i nipoti». Non c’è solo chi parte: numerosi anche i ritorni nel Bel Paese. Toni Ricciardi, storico delle migrazioni della Fondazione Migrantes, ha affrontato il caso Svizzera, da dove sono tornate quasi 300mila persone. È il primo Paese erogatore di pensioni in Italia.

10 ottobre 2023