Nella Striscia di Gaza, 30 i cristiani morti

Acs fa il punto della situazione. Quasi impossibile trovare cibo e carburante. In crisi l’assistenza medica. Distrutto il 62% delle case. La ricostruzione durerà fino al 2093

All’inizio della guerra tra Israele e Hamas, il 7 ottobre scorso, le persone – cristiane e non – che avevano trovato rifugio nella parrocchia latino della Sacra Famiglia a Gaza erano 700. Nelle ultime settimane, le presenze sono diminuite, un po’ per i decessi, un po’ per la scelta di partire. Attualmente, nel complesso parrocchiale vivono 184 famiglie, per un totale di 560 cristiani, cattolici e ortodossi, tra cui 140 tra bambini e ragazzi sotto i 18 anni (60 con disabilità) e 84 persone sopra i 65 anni. Con loro, un sacerdote e 7 religiose di tre diverse congregazioni. In una situazione che è sempre più disperata, nella quale trovare cibo e carburante continua a essere quasi impossibile, in particolare nel nord, dove i prezzi esorbitanti rendono la vita ai residenti ancora più dura.

Basti pensare che «20 litri di gasolio costano 200 euro e forniscono energia ai generatori solo per due ore», riferisce alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) George Akroush, direttore dell’Ufficio sviluppo progetti del Patriarcato latino di Gerusalemme e collaboratore dei progetti di Acs. Dall’inizio della guerra, secondo Akroush, sono complessivamente 30 i cristiani morti, tra cui le 17 vittime dell’attacco al complesso parrocchiale greco-ortodosso dell’ottobre 2023, e le due donne uccise dai cecchini nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia. Altre 11 persone sono morte a causa di malattie croniche che non potevano essere adeguatamente curate.

Emblematico il caso di Hani Abu Daud, un uomo di 48 anni che necessitava di dialisi regolare. Poiché gli ospedali del nord avevano smesso di funzionare, si è dovuto trasferire nel sud in cerca di cure. A causa dell’aumento del numero degli attacchi, anche gli ospedali di quella parte di Gaza non sono stati in grado di fornire cure e Hanni è morto da solo, lontano dalla moglie e dai figli. È  stato sepolto nel sud, informano da Acs, dove non c’è clero e nemmeno un cimitero cristiano.

Ancora, la mancanza di carburante ed elettricità impedisce il funzionamento delle pompe, per cui i residenti sono costretti a estrarre l’acqua manualmente dai pozzi. «L’igiene è diventata una questione seria, soprattutto per i bambini, che si ammalano a causa della mancanza di acqua e di beni di prima necessità, come farina e pannolini», spiega il collaboratore dei progetti di Acs. In crisi anche l’assistenza medica: altre dieci persone rischiano di morire a causa della mancanza di cure adeguate, racconta la stessa fonte, aggiungendo che la comunicazione è ostacolata perché è difficile ricaricare i cellulari. Nonostante ciò, Papa Francesco continua a mantenersi in contatto quasi quotidiano con il sacerdote e le religiose che si prendono cura dei rifugiati.

Molto tesa la situazione nel nord della Striscia, passato sotto il pieno controllo dell’esercito israeliano. I cristiani sfollati possono lasciare il complesso, ma con cautela, poiché la situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro. «Qualsiasi movimento sospetto o pericoloso può mettere a rischio la loro vita e può essere l’ultimo. Dopo quattro mesi di assedio, sono stanchi e molti sono malati», spiega Akroush. Con l’aiuto di organizzazioni come Acs, il Patriarcato latino di Gerusalemme è stato in grado di fornire medicine e cibo, oltre a finanziare alcuni interventi medici. Continua anche a pagare gli stipendi degli insegnanti e di altri lavoratori impiegati nelle istituzioni religiose, permettendo loro di provvedere alle rispettive famiglie.

Nell’analisi di Akroush, la distruzione di massa di case e infrastrutture rende incerto il futuro dei cristiani nella regione. «Dicono che il 62% delle case è stato completamente distrutto e che la ricostruzione durerà fino al 2093, secondo alcune agenzie internazionali – informa -. Con tutto ciò c’è da chiedersi: quale futuro c’è per i cristiani in questo Paese? Cosa succederà? Nessuno lo sa. Per favore non dimenticate la sofferenza dei cristiani in questa parte del mondo», è l’appello.

12 febbraio 2024