Nella nebbia della paura, Dio solo basta

L’umanità ha riscoperto la sua fragilità creaturale, la paura della morte, l’angoscia del soffrire; ma ha avuto anche l’occasione di guardare a Cristo e alla sua opera

Penso spesso agli episodi del Vangelo in cui Gesù è sul lago. Il mare di Galilea non è l’oceano in cui galleggia il mondo ma, in piccolo, la barca si fa immagine delle pene e dei desideri dell’umanità di ogni tempo: la fatica di ritrovarsi a mani vuote dopo aver pescato tutta la notte, la paura delle onde improvvise, il desiderio e la sfida di dominare le acque camminandoci sopra. Quando il Papa, in quella sera piovosa di marzo, in piazza San Pietro vuota, ha indicato al mondo la pienezza di Cristo crocifisso e risorto, ha parlato di barca, di tempesta, di grido, di sonno interrotto perché Gesù potesse placare tutto. Ha preso per mano il mondo perché, nel mezzo della pandemia, potesse ritrovare la Mano del Signore, la sua assoluta Presenza, essenziale ancor più della stessa salute.

L’umanità ha riscoperto la sua fragilità creaturale, la paura della morte, l’angoscia del soffrire; ma ha avuto anche l’occasione di guardare a Cristo e alla sua opera, al Respiro che nessuna malattia può togliere e che nessuna mascherina può ostacolare. Dio dà ben più della salute. Dà la salvezza. Ci sono stati tante luci di Grazia, pure in momenti bui: il desiderio di Eucaristia, di perdono, di fraternità, di cose semplici con il sapore del Vangelo. Ci sono state tante mani tese che ci hanno mostrato quanto sia bello credere in Colui che non vuole la morte ma la Vita e che, un giorno, ci attenderà per darci la pienezza della Gioia.

Eppure, negli ultimi giorni, sembra essere calata di nuovo una nebbia di paura, di incertezza, di smarrimento. Penso agli ospedali pieni, al lavoro quotidiano e faticoso di chi si prende cura dei malati; penso alle nostre comunità, alle famiglie, ai giovani, ai poveri. Siamo andati avanti per mesi scrivendo, cantando, leggendo che “tutto andrà bene” e ci ritroviamo nell’ansia di cosa accadrà domani, o tra una settimana, tra un mese, contando ogni giorno i numeri di malati, di ricoverati, di morti.

Mi viene in mente allora un’altra pagina di Vangelo con il lago e la barca, quando – ci racconta Marco (cfr. 8,14–21) – dopo la seconda moltiplicazione, i discepoli si accorgono di non aver preso i pani, se non uno solo e, per questo, discutono tra loro. Gesù li richiama con forza, svelandone il cuore indurito: Non capite, non comprendete, non ricordate? Nell’arco di una traversata il Maestro vuole mostrare loro che il solo Pane è Lui stesso. E Dio solo basta.

Anche noi stiamo attraversando questo tempo come un lago senza fine e, da compagni di barca, possiamo discutere tra noi oppure guardare Lui. Solo con Lui capiremo, solo con Lui comprenderemo, ricordando quante volte, nella storia, l’umanità affamata ha visto spezzare quel Pane e, attraverso la solidarietà di tutti, lo ha visto condividere. Tutto è già andato bene se Gesù è nella nostra barca. Questo è il tempo di riscoprire le relazioni, di favorire il “tu per tu”, di alimentare l’amicizia. E così, quando approderemo all’altra riva, capiremo che, anche se la traversata è stata più lunga del previsto, ci sarà servita per sciogliere la durezza del cuore e riscoprirci “fratelli tutti”. Dio solo basta. (Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare delegato per la pastorale sanitaria)

9 novembre 2020