Nella Giornata della pace la Marcia di Sant’Egidio

All’origine la volontà di non restare indifferenti di fronte al dramma della guerra. Il presidente Marco Impagliazzo: «Continuiamo a lavorare con mezzi poveri come parola, memoria, dialogo»

Alessia, 13 anni, romana. Nel quartiere di Tor Bella Monaca, si impegna con altri ragazzi della sua età per costruire la pace e contrastare violenza e razzismo. Oksana, ucraiana, porta con sé il dolore della sua terra, vittima di un conflitto nel cuore dell’Europa. Sono due delle testimonianza con le quale si è aperta ieri, 1° gennaio, 52ª Giornata mondiale della pace, la marcia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Un appuntamento iniziato davanti a Castel Sant’Angelo, con uno spazio dedicato proprio alle testimonianze, e concluso in piazza San Pietro, come segno di pieno sostegno al messaggio di Papa Francesco per la Giornata.

Il presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha spiegato che all’origine della marcia c’è la volontà di non restare indifferenti di fronte al dramma dei tanti Paesi che sono ancora in guerra, come la Siria e il Centrafrica, nei quali si contano ancora tante vittime, a partire dai bambini. «Siamo qui soprattutto per loro – ha detto – e continueremo a lavorare per la pace con i mezzi poveri che abbiamo come la preghiera, la parola, l’incontro, il dialogo, la memoria degli orrori della guerra custodita dagli anziani: possono vincere, lo abbiamo visto, sui mezzi forti costituiti dalle armi, il commercio della droga e il traffico di essere umani». Impagliazzo ha ricordato quindi lo strumento dei corridoi umanitari che hanno strappato già un buon numero di profughi in fuga dalle guerre e ha annunciato l’imminente rinnovo dell’accordo con lo Stato italiano, realizzato da Sant’Egidio insieme alla Cei, che permetterà l’ingresso di un nuovo contingente di rifugiati provenienti dal Corno d’Africa.

2 gennaio 2018