Con oltre 200mila sfollati «che vivono allo stremo», il quadro umanitario nel nord-est della Siria rischia di precipitare. A lanciare l’allarme, Oxfam Italia insieme ad altre 72 organizzazioni umanitarie che compongono il “Syria International Ngo Regional Forum” (Sirf), impegnate a dare una risposta alla crisi siriana. Ma i numeri sembrano comunque destinati a crescere: secondo le stime delle Nazioni Unite sono oltre 400mila le persone che avranno bisogno di aiuti immediati nelle prossime settimane. E giorno dopo giorno, «è sempre più difficile soccorrere una popolazione già stremata da oltre 8 anni di conflitto – denunciano le organizzazioni umanitaria -. Soprattutto entro l’area di 30 km, dove la Turchia ha stabilito una massiccia presenza militare». Il campo profughi di Mabrouka, ad esempio, è stato evacuato solo in parte e non è più raggiungibile dagli aiuti, con la conseguenza che molte delle famiglie che non sono riuscite a scappare si trovano al momento senza cibo, acqua pulita e riparo.

Una delle situazioni più gravi si registra nella città di Hasakeh, dove in tre giorni sono arrivate 60mila persone in fuga dal conflitto. Qui la principale stazione idrica è stata gravemente danneggiata dagli scontri, lasciando circa 400mila persone (tra cui 82mila sfollati dei campi di Al Hol e Areesha), con metà dell’acqua pulita necessaria a soddisfare i propri bisogni. Gli unici rifornimenti idrici disponibili al momento sono infatti erogati da una diga vicina, che oltre a fornire acqua di qualità scadente, esaurirà le proprie riserve nel giro di 10-15 giorni, esponendo così la popolazione a nuovi focolai di tifo e dissenteria, dopo i diversi casi già registrati lo scorso agosto.

«I civili siriani in 8 anni e mezzo di conflitto hanno già subito enormi e inimmaginabili sofferenze, costretti più volte a cercare scampo da un conflitto atroce e adesso in fuga verso sud in zone riconquistate allo Stato Islamico, come Raqqa, ancora disseminate di mine e ordigni esplosivi», raccontano i responsabili delle ong. Al momento gli attacchi aerei e di artiglieria più gravi si sono registrati a Tal Abyad, Ras al Ain e Quamishly, con il conseguente rischio sempre più alto di vittime civili e di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, come dimostra l’attacco dello scorso 13 ottobre contro un convoglio di sfollati in fuga da Tal Abyad. In particolare l’uso di armi esplosive nelle aree popolate sta costringendo la popolazione a fuggire in massa dal conflitto, lasciandola senza infrastrutture vitali, a partire dagli ospedali.

Nasce da questo quadro, alla luce dell’accordo politico recentemente annunciato tra le autorità curde e il governo siriano, l’appello urgente delle organizzazioni umanitarie del “Syria International Ngo Regional Forum”. In cima all’elenco delle richieste, la possibilità per le organizzazioni umanitarie di soccorrere la popolazione colpita dal conflitto e la sicurezza delle infrastrutture idriche e sanitarie, da cui dipende la sopravvivenza della popolazione, delle scuole e dei campi profughi. Ancora, si chiede che tutte le parti in conflitto non prendano di mira civili e operatori umanitari, rispettando il diritto internazionale umanitario, e che cessino immediatamente le ostilità e avviino un dialogo urgente, sostenuto dalla comunità internazionale. Sempre con l’aiuto della comunità internazionale, viene chiesto di garantire libertà di movimento e accesso umanitario alla popolazione.

Nell’appello si chiede anche che vengano svolte immediate indagini su possibili violazioni del diritto internazionale umanitario, in particolare attacchi illeciti contro civili e infrastrutture civili e che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rinnovi urgentemente la risoluzione 2165 per facilitare la fornitura di aiuti umanitari nel nord-est della Siria. Da ultimo, si fa appello ai governi dei Paesi donatori, affinché siano pronti e disponibili a sostenere la risposta umanitaria.

17 ottobre 2019