Naufragio a Lampedusa, riconosciute 4 delle vittime

Tra loro una ragazzina di 12 anni, la più piccola delle 13 donne morte. Ancora dispersi 4 bambini. Mediterranea Saving Humans: «La situazione è drammatica»

Riconosciute nella notte 4 delle 13 donne morte nel naufragio di domenica notte, a poche miglia dalle coste di Lampedusa. Tra loro, una ragazzina di 12 anni: la più piccola delle vittime recuperate, identificata da una zia con cui viaggiava. I loro corpi sono stati riconosciuti nel salone della Casa della fraternità, adibito a camera ardente, dove sono stati portati solo i superstiti che nel naufragio hanno perso un familiare, e benedetti dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Intanto, questa mattina, 8 ottobre, sono riprese le ricerche della ventina di persone che mancano ancora all’appello, tra cui 4 bambini. La più piccola avrebbe otto mesi.

«La situazione in mare è drammatica», scrive su Facebook Mediterranea Saving Humans, la rete delle associazioni italiane che con Nave Mare Jonio da un anno monitora il Mediterraneo centrale. «Le partenze non si arrestano nonostante il meteo poco favorevole», si legge nel post, nel quale si menziona anche l’altro soccorso effettuato nella stessa notte dalla nave di Proactiva Open Arms nella zona Sar maltese, ancora in attesa di un porto sicuro in cui sbarcare. «Nel Mare Mediterraneo mancano sufficienti soccorsi – è il commento di Mediterranea Saving Humans -: liberate le nostre navi bloccate in porto da provvedimenti assurdi e illegittimi, liberate l’umanità. Fatelo subito», l’appello.

Al momento, nella ricerca dei dispersi è impegnato anche Moonbird, il velivolo di Sea Watch, intervenuto dopo il naufragio a Lampedusa.«Tutti scomparsi», scrivono ricordando i bambini ancora da recuperare. Sulla vicenda interviene anche Marco Griffini, presidente di Ai. Bi. – Amici dei bambini. «Si fronte a tutto questo – osserva – è evidente come il buon cuore non sia sufficiente. Le Ong italiane devono fare molto di più. Non basta la commiserazione, non basta l’essere più o meno politicamente sensibili al tema delle migrazioni – prosegue -, così come non basta protestare contro questo o quel governo per la gestione dei migranti o dire che deve essere l’Europa a risolvere il problema». Ancora, per Griffini «non basta neppure l’ipotesi di mettere in mare un’altra nave di soccorso, come recentemente suggerito dal presidente della Focsiv Cattai. Oggi tutto il mondo delle ong italiane deve fare “mea culpa” e domandarsi se, di fronte alla dramma dell’immigrazione, sia stata data una risposta adeguata. Io francamente credo proprio di no».

Il presidente Ai.Bi. reclama «un’azione immediata, del tipo di quelle realizzate in occasione dell’esplosione dei flussi migratori provenienti dall’Albania, negli anni Novanta, quando proprio la Focsiv fu regista di un’operazione finalizzata ad aiutare concretamente le famiglie albanesi a superare la tremenda emergenza nella quale erano precipitate». La conclusione di Griffini è che «serve subito un confronto con il governo per l’avvio di un tavolo di lavoro sull’Africa, in cui far confluire tutte le risorse dell’associazionismo italiano in una grande campagna di solidarietà dedicata al continente africano e alle sue popolazioni».

8 ottobre 2019