Natura e Scrittura, «due libri distinti, opera del medesimo autore»

Il fisico Antonio Zichichi ha presentato a San Marco Evangelista il suo ultimo libro: “La bellezza del creato”. Ad accoglierlo, con il parroco Renzo Giuliano, il cardinale De Donatis: «L’alleanza tra scienza e fede è il servizio culturale più urgente»

È all’insegnamento di Galileo Galilei che dobbiamo guardare se vogliamo comprendere che non c’è contrasto tra scienza e fede: lo scienziato pisano considerava Natura e Scrittura «due libri distinti ma opera del medesimo autore». Lo ha sottolineato ieri sera, 28 novembre, nella basilica di San Marco Evangelista Antonio Zichichi, fisico e divulgatore scientifico, in una singolare lezione per la presentazione del suo ultimo libro “La bellezza del creato”. Ad accoglierlo, il parroco monsignor Renzo Giuliano e il cardinale Angelo De Donatis, titolare della chiesa al Campidoglio e vicario del Papa per la diocesi di Roma.

«La via della bellezza è via privilegiata per la conoscenza – ha affermato il porporato introducendo la relazione dell’autore -: essa, così manifesta nell’arte e nella fede, porta in sé il linguaggio della natura di cui la scienza è scopritrice». Quindi, riconoscendo il valore del «dialogo tra gli uomini quali ricercatori e scopritori di quanto è stato dato e donato loro con l’essere posti in questo mondo», De Donatis ha auspicato che «l’autentica scienza possa sempre più essere presente nella vita e nella riflessione dei giovani» per ridare loro «quella speranza profonda che li aiuti a uscire dall’incertezza del momento presente». Ancora, la convinzione che «l’alleanza salutare, secondo verità, tra scienza e fede è il servizio culturale più urgente da mettere in cantiere: vi è un nesso intrinseco, pur nell’autonomia di metodo, che è espressione di una bellezza che ci conduce dentro l’armonia di un progetto di esistenza sia dell’uomo che dell’universo».

Zichichi ha esordito citando san Giovanni Paolo II che sosteneva che scienza e fede «sono entrambe un dono di Dio», affermando poi che «da sempre, tutte le civiltà hanno peccato di arroganza intellettuale perché hanno ritenuto che basta essere intelligenti per scoprire la logica che regge il mondo». Questa forma mentis persiste ancora oggi, «eppure – ha chiosato lo scienziato -, se anche potessimo consultare tutti gli uomini più sapienti e gli esperti migliori in ogni campo, nessuno saprebbe prevedere la prossima scoperta». La mente dell’uomo, cioè, deve fare i conti con una mente altra, «con Qualcuno che, molto più intelligente di noi, ha creato tutto». È quindi all’autore di quel creato fonte di bellezza, oggetto del suo ultimo lavoro, che Zichichi invita «a porre domande sul mondo, come ha fatto nel 1600 Galileo Galilei».

Ripercorrendo le maggiori scoperte scientifiche del XIX e XX secolo, il fisico ha voluto dimostrare, con una spiegazione limpida, accessibile a tutti, come il sapere non sia mai acquisito e che «la ragione opera nell’immanente ma apre al trascendente». Alla scoperta rivoluzionaria dell’elettrone da parte del fisico britannico Thomson, nel 1897, seguì «la teoria atomica, che era a sua volta il frutto del lavoro e delle scoperte del fisico britannico Lorentz e della prima teoria moderna dell’elettromagnetismo sintetizzata in quattro equazioni dal matematico scozzese Maxwell». Al raggiungimento di quei risultati, «la comunità scientifica pensò di poter affermare che ormai dell’universo si sapeva praticamente tutto». Poi, nel 1905, Einstein formulò la teoria della relatività e, sempre nello stesso anno, dimostrò l’esistenza dell’atomo. Anche allora, «nessuno avrebbe potuto immaginare – ha spiegato ancora Zichichi – che il protone, uno dei due costituenti del nucleo atomico, nascondeva al suo interno un universo: questo ha aperto poi la strada alla fisica subnucleare», facendo venire meno la funzione, «fino ad allora ritenuta fondamentale, della fisica nucleare».

Ogni scoperta, quindi, apre nuovi orizzonti e conduce a «concetti mai immaginati prima, di cui nessuno era riuscito a fantasticare l’esistenza – ha concluso Zichichi -; così il cammino del ricercatore appare senza fine mentre Colui che ha fatto il mondo queste cose le conosce e solo un suo pari potrebbe saperne altrettanto».

29 novembre 2018