Myanmar: in un anno 150mila bambini in fuga

La denuncia di Save the Children: a un anno dal colpo di Stato dei militari, sono minori 37 su 100 fra gli sfollati. In aumento le violenze contro i civili

A un anno dal colpo di Stato che ha portato al potere i militari, aumentano in Myanmar le violenze contro i civili, compresi bambini e personale umanitario. A denunciarlo è Save the Children, che riferisce dei diversi minori uccisi soltanto nelle ultime due settimane, in numerosi bombardamenti e raid dei militari nello Stato sud-orientale di Kayah e nella regione di Sagaing. Bombardato anche il campo per sfollati interni a Kayah, in cui hanno trovato la morte due sorelle adolescenti. Lo stesso Stato in cui il 24 dicembre scorso sono stati attaccati almeno 35 civili, inclusi quattro bambini e due membri dello staff di Save the Children. «Gli operatori umanitari, entrambi giovani padri appassionati di educazione dei bambini, stavano tornando al loro ufficio dopo aver lavorato a una risposta umanitaria in una comunità vicina quando sono stati coinvolti nell’attacco», ricordano dall’organizzazione.

Complessivamente, nell’ultimo anno sono stati almeno 150mila i bambini costretti ad abbandonare le loro case. Dai delle Nazioni Unite parlano di almeno 405.700 persone in fuga a causa dei combattimenti all’interno del Paese, con un incremento del 27% nell’ultimo mese. E fra gli sfollati, il 37% è minorenne; molti quelli che vivono all’aperto, nella giungla, in rifugi improvvisati, esposti a fame, rischi e malattie. Ha trovato rifugio in un campo per sfollati invece Thawdar, 14 anni, fuggita dal suo villaggio a Kayah – come più della metà della popolazione -, che agli operatori di Save the Children racconta il giorno in cui è scappata, con la famiglia. «Ero così preoccupata e durante il viaggio pensavo: “E se fossimo colpiti?” Ho sempre avuto paura dei soldati e prego che non raggiungano il campo. Non voglio più sentire il rumore delle armi pesanti». Per la mamma, Daw Merry, 36 anni e altri 3 figli, al timore per la sicurezza si aggiunge quello per i pasti: «Se non abbiamo abbastanza cibo da mangiare, come faremo? A volte mi sento triste quando non ho soldi per comprare medicine o qualcosa da mangiare per i miei figli».

«Ancora una volta stiamo vedendo i bambini sopportare il peso maggiore del conflitto – commenta Inger Ashing, Ceo di Save the Children International -. Nell’ultimo anno 150mila di loro sono stati sfollati in tutto il Myanmar, separati dai loro amici, dalle loro scuole e dalle loro case. I minori e le loro famiglie stanno fuggendo perché non hanno scelta, costretti a nascondersi nelle giungle e nelle foreste e a vivere in condizioni terribili. Gli operatori di Save the Children stanno facendo il possibile – assicura – per fornire assistenza urgente ai bambini che hanno scarso accesso a cibo, acqua pulita e assistenza sanitaria, per non parlare dell’istruzione. I minori in transito sono maggiormente a rischio di tratta, abusi, reclutamento in gruppi armati, di essere feriti e uccisi. L’orribile attacco della scorsa settimana a un campo per sfollati interni ha dimostrato che i bambini in Myanmar si trovano tra l’incudine e il martello. L’esercito del Myanmar, così come tutti le altre parti armate, devono rispettare il diritto umanitario internazionale, proteggere i più piccoli, tenerli fuori pericolo e consentire l’accesso umanitario senza ostacoli», il monito.

Una situazione, quella del Myanmar, che era già difficile prima del colpo di Stato, quando si contavano 370mila sfollati in tutto il Paese, tra cui decine di migliaia di bambini Rohingya che vivevano in campi di detenzione nello stato di Rakhine. La situazione per loro e per i quasi 500mila minori Rohingya e le loro famiglie fuggiti in Bangladesh rimane fragile. «Le tattiche brutali impiegate dai militari in Myanmar ricordano le atrocità commesse contro i Rohingya nel 2017», evidenziano da Save the Children. Oggi, conclude Ashinf, «i  membri del Consiglio di sicurezza Onu devono assumersi la responsabilità condivisa di affrontare la crisi in corso in Myanmar. Gli Stati membri devono imporre un embargo sulle armi – prosegue -, con l’obiettivo di limitare i tipi di attacchi aerei che abbiamo visto di recente. L’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean) deve anche convocare una riunione urgente per rivedere e mettere in atto il “Five Point Consensus” concordato nell’aprile 2021, che chieda l’immediata cessazione della violenza in Myanmar e che consenta all’inviato speciale dell’Asean di mediare una soluzione diplomatica. Questi passi sono vitali per proteggere i bambini, le loro comunità e gli operatori umanitari», sottolinea.

Dopo l’attacco del 24 dicembre 2021, Save the Children ha attualmente ripreso la maggior parte dei suoi programmi in tutto il Myanmar e i suoi operatori continuano quotidianamente ad aiutare i bambini più vulnerabili, riferiscono dall’organizzazione, «soprattutto durante questo periodo di conflitto e crisi».

28 gennaio 2022