Myanmar, esperti Onu chiedono la fine delle violenze

L’appello al governo per porre fine alle «serie violazioni dei diritti umani» contro la minoranza Rohingya. Chiamata in causa la leader Aung San Suu Kyi

Porta la data di ieri, martedì 26 settembre, l’appello sottoscritto da sette esperti Onu al governo del Myanmar per «porre fine alle persecuzioni, alle serie violazioni dei diritti umani e alla pulizia etnica» contro la minoranza musulmana Rohingya in fuga dallo Stato di Rakhine. Nel giorno in cui il governo del Myanmar denuncia il ritrovamento di una fossa comune con decine di corpi di indù, tra cui donne e bambini, massacrati dai terroristi dell’Esercito dell’Arakan per la salvezza dei Rohingya (Arsa) nello Stato di Rakhine, gli esperti Onu continuano ad accusare l’esercito birmano di «abusi» contro i Rohingya. E citano alcuni esempi: «Esecuzioni extragiudiziarie, uso eccessivo della forza, torture, violenze sessuali e di genere, spostamenti forzati, incendio e distruzione di oltre 200 villaggi e di decine di migliaia di case».

Al momento sono circa 430mila i Rohingya fuggiti in Bangladesh, accolti nei campi profughi di Cox’s Bazar. Alla leader Aung San Suu Kyi, che ha chiesto alla comunità internazionale di capire quali sono le «possibili ragioni» della fuga, gli esperti Onu ribattono che «nessuno, specialmente non centinaia di migliaia di persone, sceglie di lasciare le proprie case e terre ancestrali, indipendentemente dalla povertà, per fuggire in un Paese straniero e vivere sotto teli di plastica e in circostanze terribili, a meno che non si stia rischiando la vita». Chiedono quindi ad Aung San Suu Kyi di «incontrare i Rohingya personalmente nello Stato di Rakhine e a Cox’s Bazar, parlare con chi è fuggito e con chi è rimasto. Siamo ugualmente allarmati dall’apparente acquiescenza del governo nei confronti dell’incitamento all’odio, le intimidazioni e gli attacchi contro le famiglie Rohingya da parte di altri gruppi etnici e religiosi – continuano gli esperti -. Tutte le violenze contro la popolazione in generale, inclusi gli sfollati interni, devono immediatamente cessare».

Ancora, i firmatari dell’appello chiedono al governo birmano di consentire l’accesso di aiuti umanitari internazionali e di osservatori per i diritti umani, per una valutazione «indipendente e imparziale» della situazione.

27 settembre 2017