Myanamr, il cardinale Bo: «I militari facciano un passo indietro»

L’appello del presidente dei vescovi, in un videomessaggio registrato per il “Global day of prayer”, iniziativa in programma online il 15 marzo

Ci sarà anche il videomessaggio registrato dal cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar, alla “Global day of prayer” promossa dal Christian Solidarity Worldwide e in programma online lunedì 15 marzo. Un appello, quello del cardinale, indirizzato ai militari, perché depongano le armi, facciano un passo indietro e tornino a «difendere e non attaccare le persone».

Ringraziando per le preghiere, il presidente dei vescovi – che per giorni ha dovuto anche sospendere il suo account Twitter – racconta che «il Myanmar oggi è entrato in un altro capitolo di oscurità, di sangue versato e repressione. Dopo anni di riforme e aperture, nonostante le numerose sfide, le nubi e le tempeste che abbiamo vissuto lungo questa strada, abbiamo pensato di vedere sorgere il sole su questa meravigliosa terra con la prospettiva di vedere un futuro di democrazia, libertà, pace e giustizia. Oggi invece – prosegue – siamo stati scaraventati indietro di anni e siamo ritornati nell’incubo della repressione militare, della brutalità, della violenza e della dittatura».

Il pensiero e la preghiera dell’arcivescovo sono anzitutto per il popolo del Myanmar sceso per strada per protestare contro il colpo di Stato avvenuto il 1° febbraio scorso. «Abbiamo visto l’immenso coraggio, impegno e creatività del nostro popolo, protestando in tutto il Paese in migliaia e per molti giorni. Hanno dimostrato la determinazione di proteggere la democrazia, le libertà e la loro speranza di pace. È stata bello – commenta – vedere il senso di unità e solidarietà nella diversità; persone di diverse etnie e religioni camminare insieme per lo stesso obiettivo. Ma abbiamo anche visto pallottole, aggressioni, sangue versato e dolore. Tanti sono morti e sono stati feriti nelle strade. Migliaia di persone sono state arrestate e sono sparite». Eppure, ricorda il porporato, «il messaggio di speranza è il cuore della nostra fede. La nostra Chiesa – aggiunge – sta pregando per un nuovo Myanmar. Un Myanmar dove ogni vita umana ha lo stesso valore, ha gli stessi diritti e le stesse fondamentali libertà. Un Paese dove tutte le diversità etniche e religiose sono rispettate e dove possiamo vivere nella pace. Un Myanmar dove i soldati depongono le armi, fanno un passo indietro dal potere e agiscono secondo quanto sono chiamati a fare: difendere e non attaccare le persone. Un Myanmar dove risuonano ancora oggi le parole del Vangelo, “Va’, tuo figlio vive”. Un Myanmar che rinasce ancora dalle ceneri».

Il presidente della Conferenza episcopale conclude quindi con un appello alla preghiera: «Abbiamo bisogno oggi più che mai della vostra preghiera. Vi prego, pregate per il Myanmar, per coloro che sono nel pericolo, si stanno nascondendo, sono in prigione. Pregate per il movimento per la democrazia, per Aung San Suu Kyi e i suoi colleghi e per i leader religiosi. Pregate – aggiunge – per i militari perché, come Dio ha trasformato il cuore di Saulo sulla via di Damasco, così anche loro possano cambiare il loro cuore, fare un passo indietro e impedire che il Myanmar sprofondi nel conflitto, nella repressione, nella distruzione. Pregate perché i risultati delle elezioni, che cinque mesi fa hanno espresso la volontà del popolo, siano rispettati e permettano al Myanmar di incamminarsi sulla via della democrazia e di vedere, dopo questi mesi di calvario, la sua Risurrezione e la sua Pasqua».

12 marzo 2021