Muore clochard. La denuncia Caritas

Senza dimora, 52 anni, dimesso da un ospedale pur gravemente malato e senza riparo. Ambulanza dopo 4 ore. Trincia: «Urgente l’intervento delle istituzioni»

In una città messa a lustro e blindata per accogliere i capi di stato e di governo del G20 si è consumato l’ennesimo dramma dell’emarginazione. Nel fine settimana tra il 29 e il 31 ottobre c’è stata la morte di Ayedi, un senza dimora di 52 anni, in circostanze che la Caritas di Roma definisce «non più tollerabili»: dimesso da un ospedale romano pur essendo gravemente malato e impossibilitato ad avere un riparo e cure adeguate. Un caso che l’organismo diocesano denuncia in occasione della Giornata mondiale dei poveri, celebrata ieri, 14 novembre, per far conoscere il fenomeno sempre più diffuso di persone gravemente malate che vivono in strada. «È arrivato poco dopo 18.30 del venerdì sera – riferisce Giulia Civitelli, direttore sanitario del Poliambulatorio della Caritas alla Stazione Termini -, preceduto da un suo amico, lo stesso che era venuto a chiedere per lui una sedia a rotelle qualche giorno prima». Il medico racconta i momenti drammatici: «Non riusciva a stare in piedi, emaciato e scavato in volto, itterico, tremante per il freddo, con una scarpa da gesso e una da ginnastica poggiate sui piedi, perché in entrambi aveva medicazioni fatte da solo per ulcere da diabete con amputazione di due dita».

Ayedi era conosciuto da tempo nella struttura sanitaria per le sue varie patologie croniche non controllate, situazione che si era aggravata una volta uscito da ogni circuito di accoglienza. «È stato ricoverato per un mese – spiega il medico della Caritas – e, pure se in gravissime condizioni, da dieci giorni viveva in strada. L’infermiera della medicheria e la studentessa di medicina che la supportava non si sono tirate indietro di fronte alla richiesta di medicarlo». La situazione si presentava grave e i sanitari hanno subito chiamato il 112. Purtroppo, forse a causa degli imponenti mezzi dispiegati per il G20, l’ambulanza è arrivata dopo quattro ore. «Non ho paura di morire ma di soffrire. Credo in Dio ma non mi ascolta. Gli chiedo di morire, perché nella mia vita c’è troppo dolore, ma lui non mi ascolta», ha detto Ayedi ai volontari che attendevano con lui. «La domenica mattina – continua la dottoressa Civitelli – chiamando il Pronto soccorso abbiamo saputo che era da poco deceduto».

A seguito di questo tragico evento, il direttore della Caritas, il diacono Giustino Trincia, ha chiesto un incontro urgente con la Regione Lazio e il Comune di Roma, scrivendo agli assessori competenti per la Sanità e le Politiche sociali. Un testo per «denunciare, rappresentare e condividere le gravissime condizioni nelle quali con sempre maggiore frequenza vengono a trovarsi le persone fragili in generale e, nello specifico i senza dimora, una volta dimessi dalle strutture ospedaliere. La drammatica vicenda – scrive Trincia – ci obbliga ad alzare forte la nostra voce e ad affermare l’urgenza di una iniziativa da parte delle istituzioni pubbliche che hanno doveri e responsabilità non declinabili ad altri. Non ci si può rassegnare alla perdita di una vita umana, al primato degli automatismi delle procedure e dei processi organizzativi e al primato del paradigma economico nella gestione di servizi essenziali».

La Caritas non chiede il prolungamento della degenza nelle strutture ospedaliere «anche se ribadiamo che in certi casi non è giusto dimettere senza alcuna considerazione», ma chiede un tavolo tecnico con la definizione di un Protocollo di gestione delle dimissioni delle persone socialmente fragili «che preveda con precisone le procedure da attuare ogni qual volta l’ente ospedaliero si trova a dover effettuare delle dimissioni protette di persone fragili». A questo va aggiunta l’individuazione e la realizzazione di strutture che mettano a disposizione l’accoglienza e la loro professionalità nell’accompagnare la persona fragile al superamento della malattia. «Tra la fase acuta di una malattia e la guarigione – spiega Salvatore Geraci, responsabile dell’Area sanitaria della Caritas – ci sono tutta una serie di attenzioni verso la persona che non sono solo di natura farmacologica ma anche e soprattutto di natura umana. Dalle malattie non si guarisce all’improvviso, per questo bisogna garantire alle persone fragili la possibilità di trascorrere la cosiddetta convalescenza in strutture apposite che possano accoglierle e accompagnarle nella lenta riemersione dai fondali della sofferenza».

15 novembre 2021