Movimenti popolari, «costruttori del cambiamento»

Iniziato il III incontro mondiale, fino al 5 novembre con l’incontro con il Papa. Il cardinale Turkson: «La chiesa si unisce alla voce di chi soffre»

In Vaticano il terzo incontro mondiale, che si conclude il 5 novembre con l’incontro con il Papa. Il cardinale Turkson: «La chiesa si unisce alla voce di colore che soffrono»

Circa 170 rappresentanti di 100 organizzazioni di tutti i continenti sono riuniti da ieri, mercoledì 2 novembre, in Vaticano per il terzo incontro mondiale dei movimenti popolari, dopo i due precedenti a Roma e Santa Cruz de la Sierra in Bolivia. La conclusione sabato 5 novembre, con l’incontro con Papa Francesco. E proprio dalle parole del pontefice è partito il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, aprendo l’incontro. «Papa Francesco ha detto di voler piantare la bandiera dei movimenti popolari in Vaticano», ha spiegato; perciò la Chiesa «si unisce alla voce di coloro che soffrono. Dobbiamo essere artigiani, protagonisti e costruttori del cambiamento». Il punto di partenza, ha rilevato il porporato, «è sempre la sofferenza della gente e le vere ingiustizie in termini di mancanza di lavoro, casa, terra. Non vogliamo perderci in cifre e statistiche ma andare al cuore delle tematiche. Vogliamo lottare contro l’ingiustizia e tutto ciò che rende meschine le nostre vite».

Obiettivo di questo terzo incontro: indicare azioni e proposte concrete. Di qui l’invito espresso da Turkson a «lavorare insieme, Chiese e movimenti popolari, per capire quali sono i cambiamenti più efficaci per la nostra società». Il cardinale ha anche accennato all’accorpamento di quattro Pontifici Consigli in un unico dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, a partire dal 1° gennaio 2017. Questo nuovo organismo, che si occuperà anche di migranti, rifugiati e vittime di tratta, ha chiarito, riprenderà i tre mandati del Papa: mettere l’economia al servizio dell’uomo; riunire i popoli al servizio della pace e della giustizia; proteggere la Madre Terra.

Tutte priorità ancora più rilevanti oggi, in un momento storico in cui «chi è ai margini, oltre alla casa, alla terra e al lavoro, ha bisogno prima di tutto di dignità. Oggi invece la cittadinanza non viene solo negata, ma anche tolta». È il commento di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, intervenuto alla prima giornata di lavori. «C’è un infiacchimento delle coscienze. La democrazia è molto minata, è formale, di facciata. E la politica, salvo rare eccezioni, è muta e va a rimorchio delle forze economiche», ha proseguito il sacerdote. Quindi, facendo riferimento alle conquiste di Libera, tra cui la legge che confisca i beni ai mafiosi per resituirli alla collettività, ha sottolineato che «solo unendo le forze degli onesti la richiesta di cambiamento diventa forza».

«Libere», per don Ciotti, «sono le le persone che vivono in dignità. Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, devono diventare vita. La libertà si realizza se tutti siamo liberi, questa è la più esigente delle responsabilità». Proprio per questo il sacerdote ha respinto «la differenza strumentale e ipocrita tra profughi di guerra e migranti economici»: dove c’è sforzo di inclusione, ha chiarito, «a beneficiarne è tutto il contesto sociale». Oggi però «la politica è diventata muta: dove sono le voci contro le dittature, i respingimenti, le disuguaglianze? Si è troppo indifferenti di fronte ad una povertà che continua a crescere». È necessario, per il sacerdote, «porre un freno all’appropriazione privata dei beni comuni, con un cambiamento che parte dal basso, come nei movimenti popolari. I popoli – ha concluso – sono la speranza della democrazia».

3 novembre 2016