Mosul, un’altra chiesa trasformata in moschea

Dopo Sant’Efrem, anche San Giuseppe, caldea, è stata spogliata di croci e simboli cristiani, ridipinta di nero e riconvertita in luogo di culto islamico

Dopo Sant’Efrem, anche San Giuseppe, caldea, è stata spogliata di croci e simboli cristiani, ridipinta di nero e riconvertita in luogo di culto islamico
Lo Stato islamico (Daesh), l’entità jihadista che dal giugno 2014 si è insediata a Mosul, la seconda città dell’Iraq, trasformandola nella capitale dell’autoproclamato Califfato uslamico, ha “occupato” un’altra chiesa. Dopo quella dedicata a Sant’Efrem, stavolta è toccato alla chiesa caldea intitolata a San Giuseppe, nel quartiere di Maidan, nel centro storico della città, trasformata in una moschea che sarebbe stata intitolata a Abu Abdulrahman al-Bilawi, un comandante iracheno del Daesh ucciso dalla polizia irachena. Fonti di Mosul in contatto con il sito www.ankawa.com mostrano la cupola ridipinta di nero, la chiesa spogliata delle croci e di tutte le immagini e i simboli cristiani.

Quella di San Giuseppe era una chiesa storica di Mosul, anche se negli ultimi anni, vista la diminuzione di sacerdoti e fedeli dopo gli interventi militari a guida Usa, vi si celebrava la Messa solo una volta al mese e vi si svolgevano pellegrinaggi nelle festività  legate alla figura di san Giuseppe, in particolare in occasione del 1° maggio. Dopo la presa di Mosul da parte dei jihadisti, tutti i cristiani sono stati costretti a fuggire: molti vivono da rifugiati ad Ankawa, alle porte di Erbil, e anche l’arcivescovo caldeo della metropoli irachena monsignor Amel Shamon Nona è stato trasferito a guidare l’eparchia caldea in Australia. Per la nomina del suo successore a Mosul, informano le fonti locali, si attende di vedere se davvero avrà  inizio la tante volte annunciata campagna militare per liberare la città  dai jihadisti.

Paolo Mekko, sacerdote caldeo di Mosul al momento tra i rifugiati ad Ankawa riferisce all’Agenzia Fides che la voce più insistente era quella che prevedeva l’inizio di operazioni militari su larga scala dopo la fine del Ramadan. E in effetti in questi giorni sembra iniziata un’offensiva per recuperare terreno nella provincia di al-Anbar e liberare Ramadi. Resta l’attesa per Mosul. Nel frattempo, il Patriarcato caldeo, in accordo con i preti di Mosul, ha deciso di vendere alcuni veicoli di proprietà  dell’arcidiocesi che giacevano inutilizzati nelle autorimesse, per evitare che con il passare del tempo perdano valore. Il ricavato dalla vendit, pari quasi 60mila dollari, è stato versato nel conto bancario intestato all’arcidiocesi, nella speranza di poterlo usare quando arriveranno tempi migliori. E la vita delle parrocchie di Mosul potrà ripartire.

14 luglio 2015