Moria, «bomba a orologeria pronta a esplodere»

Su Terrasanta.net il commento all’incendio divampato tra 8 e 9 settembre nel più grande campo profughi d’Europa. Nelle strade gli oltre 12mila rifugiati

«Una bomba a orologeria pronta a esplodere». Sulla rivista online Terrasanta.net, dalla Custodia di Terra Santa descrivono così il campo profughi di Moria, distrutto dalle fiamme nella notte tra 8 e 9 settembre. Il più grande campo profughi d’Europa, dove, «in un’area di meno di un chilometro quadrato, pensata per un massimo di 2.800 persone, vivevano ammassati oltre 12mila profughi e richiedenti asilo, di cui più della metà sotto ai 18 anni, in container sovraffollati, in tende improvvisate e in alloggi di fortuna». Oggi ne rimangono solo macerie e scheletri di tende e container. E migliaia di persone che hanno perso tutto quel poco che avevano.

«Da marzo 2020 la situazione nell’isola greca si era fatta sempre più tesa – è la denuncia della Custodia -. Mentre gruppi di estrema destra lasciati agire dal governo avevano cominciato a prendere di mira volontari, operatori umanitari e profughi, Moria – si legge nell’articolo – era stato posto in lockdown con un numero estremamente limitato di persone che potevano entrare e uscire dal campo. A giugno, mentre la Grecia riapriva le scuole e i suoi confini di terra, acqua e aria per far entrare migliaia di turisti, le restrizioni di movimento per i residenti dell’hotspot erano state nuovamente prorogate fino alla fine di agosto». Quindi, allo scadere delle misure di contenimento, il primo caso di Covid-19, registrato «con un tempismo perfetto», osservano i Francescani: «Un pretesto per sigillare definitivamente il campo. Il 2 settembre le autorità greche, nell’arco di una sola giornata, hanno messo in atto quanto si temeva da tempo, annunciando il lockdown totale nell’hotspot e la firma di un contratto da oltre 850mila euro tra il ministero dell’Immigrazione e dell’Asilo e la multinazionale Ellaktor per la conversione di Moria in un centro chiuso da compiersi entro il 2 novembre». Nonostante il parere negativo di molte ong, tra cui Medici senza frontiere.

«In queste ore – si legge ancora sulla rivista della Custodia – a Lesbo regna il caos. Le oltre 12mila persone che vivevano a Moria si sono disperse per le strade: c’è chi ha tentato di raggiungere Mitilene, la principale città dell’isola, cercando di evitare i posti di blocco della polizia; chi ha trovato rifugio nelle poche tende rimaste in piedi; chi tra gli alberi di olivo. Mancano tutti i servizi di base, cibo e acqua, servizi sanitari, le persone non hanno più accesso all’elettricità per ricaricare i cellulari, rassicurare i familiari e raccontare all’esterno cosa sta avvenendo nell’isola». Intanto il governo greco ha dichiarato, il 9 settembre, lo stato d’emergenza in tutta l’isola di Lesbo per 4 mesi, facendo arrivare nuovi reparti di esercito e polizia da Atene. «Non è previsto invece un aumento della fornitura di aiuti umanitari e assistenza medica», denunciano ancora i Francescani.

11 settembre 2020