Montini: educatore di anime, maestro e testimone

A Sant’Ivo alla Sapienza l’incontro organizzato dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale dedicato a Paolo VI. Giselda Adornato: «Il pontefice ha dimostrato come la politica possa davvero essere la più alta forma di carità»

Nel cuore della Capitale, nella Sala alessandrina in Sant’Ivo alla Sapienza a corso Rinascimento, ha avuto luogo ieri, 11 ottobre, il convegno “Cittadini e Cristiani” promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e dedicato a Paolo VI in vista della canonizzazione di domenica prossima. La scelta della location non è stata casuale: nella chiesa barocca realizzata da Borromini afferente al complesso monumentale che è stata la prima sede dell’Università di Roma, infatti, il pontefice celebrò spesso la Messa sia negli anni in cui fu assistente nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) sia in quelli di impegno alla Segreteria di Stato Vaticana

«Montini fin da quando era un giovane sacerdote si è speso in modo efficace e coraggioso per “lavorare nel mondo” e da Papa è stato artefice di tante iniziative culturali foriere di una densità teologica che non ha eguali – ha asserito introducendo i relatori il vescovo Gianrico Ruzza, ausiliare per il settore Centro –, tutte maturate nella convinzione che è un dovere per il cristiano spendersi nella società civile come testimone di un certo stile».

Dell’importanza del pontificato di Paolo VI nella storia ecclesiale ma anche civile, politica e culturale del secolo scorso ha trattato Giselda Adornato, storica del pensiero di Giovanni Battista Montini: «Dall’infaticabile e grandioso magistero per la pace all’atteggiamento fermo sui valori, soprattutto quelli legati alla difesa e alla promozione della vita umana, il pontefice ha dimostrato come la politica possa davvero essere la più alta forma di carità». Alla base di questo approccio c’è «la condivisione del pensiero filosofico di Jacques Maritain, sostenitore di quell’umanesimo integrale contrario al Fascismo che Montini osteggiò fortemente» dapprima a motivo dei metodi violenti, poi «a causa della visione totalitaria e autoritaria dello Stato che destituiva la vita dei cattolici della propria componente spirituale».

Per questo secondo Paolo VI «il cristiano non può e non deve rimanere estraneo alle vicende politiche e sociali, perché toccano e riguardano anche la sua fede» e laddove non ci siano le condizioni e la possibilità «di fare politica – non dei mezzi ma dei fini – è con la formazione spirituale che si dovranno preparare delle coscienze forti», affidando in particolare «ai giovani la voce di Dio». Dei giovani Montini fu formatore specie nel decennio che lo vide assistente nazionale della Fuci, dal 1924 al 1934: «La sua pedagogia religiosa è la cifra più profonda dell’uomo e del Papa» ha chiosato monsignor Guido Mazzotta, consultore della Congregazione delle cause dei santi e relatore della causa di beatificazione. «Montini è stato un educatore di anime, un padre spirituale che apportò nella Fuci un cambiamento radicale facendone non più un ambiente goliardico ma una proposta formativa sia sul piano spirituale e culturale che professionale».

Il futuro Papa Paolo VI sosteneva in quegli stessi anni la necessità di «una riabilitazione razionale del cristianesimo perché« per dirsi cristiani – ha illustrato ancora Mazzotta – non sono sufficienti l’emotività e il sentimento religioso: per fondare la fede ci vogliono forti convincimenti derivati anche dal confronto aperto con la modernità». Chiudendo i lavori e raccogliendo le suggestioni emerse dalle due relazioni, monsignor Ruzza ha ricordato il famoso monito di Paolo VI “Il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri”, riconoscendo nella figura di Papa Montini la compresenza di entrambe le categorie.

 

12 ottobre 2018