Monsignor Pelliccioni, una vita all’insegna dell’accoglienza

Nella basilica lateranense la Messa di esequie presieduta dal vescovo Di Tora. «È riuscito a unire tante realtà e tante anime diverse». La testimonianza di don Pesce

Sempre al fianco dei lavoratori, in particolare del mondo delle ferrovie, ma anche accanto ai bambini e ai sacerdoti anziani, oltre che grande amante della montagna.  È la fotografia di monsignor Oliviero Pelliccioni, che si è spento a Roma lo scorso 17 dicembre all’età di 89 anni. Ieri pomeriggio, mercoledì 18, nella basilica di San Giovanni in Laterano, della quale era canonico onorario, si sono tenuti i funerali, presieduti dal vescovo Guerino Di Tora. «Don Oliviero è riuscito unire tante realtà e tante anime diverse, non solo con le Ferrovie e il mondo del lavoro, ma anche con i momenti di svago e con i bambini», ha detto Di Tora durante l’omelia. Monsignor Pelliccioni è stato infatti a lungo impegnato nella pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Roma, ricoprendo anche l’incarico di coordinatore dei cappellani del lavoro e di rettore della chiesa del Santissimo Crocifisso alla Stazione Termini.

«Ha saputo accogliere tutti – ha proseguito il vescovo – sia nei momenti difficili che un mondo arduo come quello del lavoro presenta, sia nei momenti di riposo e di vacanza, come con il Gruppo Amici della Montagna, dove faceva ritrovare un senso di profonda unità e spiritualità». Tanto che lo stesso monsignor Di Tora ha sottolineato come Pelliccioni abbia «tanto amato le scalate da aver insegnato agli altri a scalare, non solo le montagne della natura ma anche e soprattutto quelle spirituali». Durante l’omelia il vescovo ha poi ricordato i passaggi fondamentali della vita di monsignor Pelliccioni. Nel 1942, all’età di 12 anni, entrò nel Collegio dei Buoni Fanciulli retto da don Filippo Cremonini, a Bologna, dato che il Seminario Romano era chiuso a causa della guerra, per poter terminare la scuola. Fu ordinato sacerdote per la Chiesa di Roma dal cardinale Giacomo Lercaro il 3 maggio del 1954, continuando per alcuni anni la sua attività nel territorio per poi fare ritorno nella Capitale nel 1958 come coordinatore degli allora 25 cappellani del lavoro. Da allora assunse anche l’incarico di assistere spiritualmente le famiglie dei lavoratori durante le vacanze comunitarie. Fu poi nominato, nel 1978, dall’allora cardinale vicario Ugo Poletti cappellano dei ferrovieri e rettore della cappella alla Stazione Termini, mentre nel 1992, con il cardinale Ruini, assunse l’incarico di direttore della casa diocesana del clero San Gaetano.

«Come si può vedere – ha proseguito il presule – una varietà di attività anche molto diverse tra loro: l’attenzione al mondo del lavoro, ai bambini ma anche ai sacerdoti anziani. In ogni circostanza – ha concluso – sapeva essere vicino alle persone nelle loro situazioni particolari, nei momenti di difficoltà». Un ministero, quello di monsignor Pelliccioni, che ha lasciato una grande e importante eredità, come testimonia don Francesco Pesce, attuale direttore della Pastorale sociale diocesana. «Quando ho assunto questo incarico – spiega don Pesce – lui era già in pensione, però come mio primo atto sono andato a trovarlo, proprio per rendergli omaggio per quanto fatto in passato in tantissimi anni di attività». Un gesto non solo simbolico «ma per me molto concreto – racconta il sacerdote – perché ha significato anche il voler avere e dare continuità alla pastorale sociale e prendere spunto dal suo operato, i cui frutti io ho potuto toccare con mano visitando molte realtà dove lui è passato. Ovunque ha lasciato un segno, ovunque si parlava di lui e lo si ricordava con grande affetto e riconoscendo la sua levatura spirituale».

19 dicembre 2019