Monsignor De Donatis: «Roma abbia credenti autentici»

La prima Messa capitolare presieduta dal nuovo vicario e arciprete di San Giovanni. «La nostra vita resti incarnata nelle dinamiche della storia»

La prima Messa capitolare presieduta dal nuovo vicario e arciprete di San Giovanni in Laterano. «La nostra vita resti incarnata nelle dinamiche della storia» 

«Questa nostra città possa avere presenze di credenti autentici che diventino roccia su cui gli altri possano poggiare la loro fede». È il primo incoraggiamento rivolto ai fedeli della diocesi di Roma dal nuovo vicario del Papa, l’arcivescovo Angelo De Donatis, che ha presieduto a San Giovanni in Laterano giovedì, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, la sua prima Messa capitolare da arciprete della basilica. A concelebrarla, tra gli altri, il vicegerente Filippo Iannone, il vescovo ausiliare per il settore Centro, Gianrico Ruzza, e il vescovo Luca Brandolini, vicario dell’arciprete di San Giovanni in Laterano. Il nuovo incarico di De Donatis, che succede al cardinale Agostino Vallini come vicario generale, è cominciato proprio nella festa degli apostoli patroni di Roma (la nomina risale al 26 maggio scorso). Al suo fianco tanti sacerdoti, che il presule ha avuto modo di seguire durante il suo ministero di vescovo ausiliare per la cura del clero.

Ad accogliere l’arcivescovo è stato il canonico monsignor Luis Duval, decano del Capitolo della basilica lateranense: «Tutti quelli che la conoscono hanno accolto la sua nomina con grande gioia e l’hanno saputa comunicare a quelli, come me, che non avevano avuto l’onore di incontrarla. Lei – ha detto rivolgendosi a De Donatis – è il benvenuto. Tutto il Capitolo non chiede altro che collaborare con lei per fare di questa basilica un luogo in cui i numerosissimi visitatori e pellegrini possano incontrare il Signore, la pace dell’anima e la forza di servire i fratelli». «Le vostre preghiere so che non mancheranno e so che mi sostengono», ha detto l’arcivescovo rivolgendosi al clero, ai tanti religiosi e ai fedeli presenti nella cattedrale di Roma, molti dei quali lo hanno accompagnato nei diversi incarichi che ha ricoperto. L’omelia è stata incentrata sul brano del Vangelo del giorno. «La nostra fede può diventare pietra su cui può fondarsi la fede degli altri. È Dio la roccia su cui poggiare il piede per non vacillare», ha detto il presule, che ha richiamato il brano che conclude il discorso della montagna, nel Vangelo di Matteo: «Gesù propone la metafora della casa e dei due costruttori, l’uomo saggio edifica sulla roccia se ascolta le parole di Gesù e le mette in pratica. Allora la casa regge. Roccia su cui si edifica la Chiesa diventa la fede stessa di Pietro. La roccia è l’alleanza stessa che Dio stabilisce con ciascuno di noi».

E proprio nell’apostolo, De Donatis trova un modello di accoglienza. «Pietro professa la sua fede perché sa accogliere. Il verbo più importante per un cammino di fede è accogliere, accogliere il dono di una rivelazione – ha aggiunto –. Pietro è roccia perché in lui si rivela la solidità di Dio, che ha bisogno di manifestarsi nella storia, nei segni di cui continuiamo ad avere bisogno, perché la nostra vita non fugga in un mondo virtuale ma rimanga incarnata nelle dinamiche della storia». Infine, un richiamo alla testimonianza di Paolo, che «sa che la sua fede sostiene quella degli altri; allora anche a lui il Signore promette di essere roccia su cui gli altri troveranno fondamento e rifugio». Al termine della Messa, animata dal Coro della diocesi diretto da monsignor Marco Frisina, i fedeli hanno salutato con un lungo applauso De Donatis, che ha concluso la celebrazione con una preghiera per la città.

 

30 giugno 2017