I cristiani in Pakistan, piccola minoranza né nascosta né silenziosa

L’arcivescovo di Karachi racconta la quotidianità della sua comunità: «Non possiamo sapere dove e quando arriverà una nuova accusa di blasfemia»

L’arcivescovo di Karachi racconta la quotidianità della sua comunità: «Non possiamo sapere dove e quando sarà formulata una nuova accusa di blasfemia»

Sono il 2% della popolazione, equamente divisi tra cattolici e membri di altre confessioni, eppure i cristiani del Pakistan portano un contributo allo sviluppo del Paese superiore alla loro esiguità numerica. Lo ha assicurato l’arcivescovo di Karachi Joseph Coutts, presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, incontrando a Roma alcuni diplomatici europei accreditati presso la Santa Sede. «Siamo una piccola minoranza – ha detto – ma lungi dall’essere nascosta o silenziosa». I gangli vitali di questa presenza: le scuole, gli ospedali e, in generale, i servizi assistenziali, «molto apprezzati dalla gran parte dei musulmani», attraverso i quali «riusciamo anche a diffondere valori importanti quali il
rispetto e la convivenza pacifica».

Davanti ai diplomatici europei, incontrati su iniziativa della Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre, monsignor Coutts ha auspicato un maggiore sostegno degli Stati dell’Unione sul fronte dell’educazione, ambito nel quale «la Chiesa ha un ruolo decisivo». Spesso infatti, ha rilevato, gli studenti non musulmani vengono discriminati e anche i libri di testo adottati dalle scuole pubbliche contengono riferimenti dispregiativi nei confronti delle minoranze religiose. «Un particolare che la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana ha segnalato alle autorità».

L’arcivescovo ha raccontato la quotidianità della sua comunità, fatta di costante tensione, nonostante una ufficiale libertà di culto. «Non possiamo sapere – ha riferito – dove e quando sarà formulata una nuova accusa di blasfemia». Tanto basta a temere ogni domanda riguardo la propria fede, o anche solo la coincidenza di una celebrazione all’aperto con la preghiera islamica: allora, ha continuato monsignor Coutts, tutti i canti si interrompono immediatamente per paura che siano interpretati come una mancanza di rispetto nei confronti dei musulmani. La maggior parte di loro, ha osservato, «è composta da brave persone che ci rispettano, ma vi è una minima parte di estremisti che vorrebbero fare del Pakistan uno stato islamico. E non sempre conosciamo chi ci troviamo di fronte».

Tanto più negli ultimi anni, nei quali, secondo l’arcivescovo di Karachi, è aumentata nel Paese l’influenza dei gruppi oltranzisti, che hanno contribuito a connotare la società pachistana in chiave sempre più islamica. Sulle spalle dei cristiani, un’errata identificazione tra cristainesimo e occidente. Per molti imam, ha evidenziato il preusle, le crociate non sono finite: hanno solo assunto una forma diversa. E nelle loro prediche «accusano gli stati occidentali, e dunque cristiani, di aver attaccato Paesi musulmani come l’Iraq e l’Afghanistan e di sostenere la guerra degli israeliani contro la Palestina». Ai credenti in Cristo resta una certezza: «Non possiamo permettere che il buio sovrasti le tenebre. È questa la nostra testimonianza di fede».

3 luglio 2015