Monsignor Coutts ad Acs: «Inviteremo il Papa in Pakistan»

L’arcivescovo di Karachi a Roma con i vescovi pakistani per la visita ad limina. Alla fondazione pontificia spiega che «Francesco è molto stimato da tutti nel Paese, musulmani inclusi. Lo considerano uomo di pace»

«Quando incontreremo il Santo Padre lo inviteremo in Pakistan». A dichiararlo alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) è l’arcivescovo di Karachi Joseph Coutts, in questi giorni a Roma per la visita ad limina dei vescovi pachistani. Domani, 15 marzo, è in programma la concelebrazione della Messa a Santa Marta, quindi l’incontro con Francesco, per descrivergli la situazione nel Paese.

Il presule riferisce che l’invito è condiviso anche dal governo pakistano. Già nel 2015 l’allora primo ministro Nawaz Sharif inviò due ministri federali a Roma per consegnare personalmente la lettera d’invito al pontefice. «Papa Francesco – spiega – è molto stimato da tutti i pachistani, musulmani inclusi. Lo considerano un uomo di pace e hanno apprezzato diversi suoi passi verso la comunità islamica, non ultimo i buoni rapporti con al-Azhar». Anche se, commenta, per un eventuale visita apostolica si dovranno attendere le elezioni generali previste il prossimo 15 luglio e l’insediamento del nuovo governo, «ma io sono fiducioso».

In vista delle prossime consultazioni, il clima nel Paese asiatico è caratterizzato da una forte incertezza. «I principali partiti sono in lotta fra loro – rileva Coutts -, così come le formazioni islamiche, e non è ancora emerso un candidato maturo e saggio. Ci saranno certamente delle  tensioni e ciò non preoccupa soltanto noi cristiani ma l’intera popolazione». Intanto la piccola minoranza cristiana del Pakistan continua a soffrire, soprattutto a causa degli attacchi alle chiese. L’ultimo, quello che ha colpito la chiesa metodista di Quetta il 17 icembre scorso. «Purtroppo in questi anni diverse chiese sono state colpite e per questo la domenica e nei giorni festivi la polizia sorveglia i nostri luoghi di culto – racconta l’arcivescovo -. È un pericolo costante e non sappiamo dove e quando i terroristi colpiranno ancora».

Fonte di sofferenza, per i cristiani e non solo, è l’uso improprio della legge antiblasfemia. In questi giorni, riferisce, un ragazzo cristiano di Lahore, Patras Masih, è stato accusato di aver offeso il profeta Maometto ed è stato arrestato. «Per l’ennesima volta – è il commento di  Coutts – una persona, quasi sempre innocente, viene accusata senza nessuna prova e senza possibilità di difendersi. Questa legge, a causa della quale soffrono anche i musulmani, si presta a un uso improprio e mancano delle procedure per gestire correttamente i casi». Inoltre la pressione esercitata da fanatici islamici fa sì che i sentimenti prendano il sopravvento, impedendo il giusto corso della giustizia. Secondo il presule quello che occorre è anzitutto un cambiamento della mentalità: il problema della legge antiblasfemia, osserva, «è insito nella nostra società che non è ancora pronta a gestire propriamente il fattore religioso. Il governo non sta dando prova di essere forte abbastanza per implementare le buone leggi che abbiamo e noi cittadini purtroppo siamo consapevoli che presto o tardi qualcun altro sarà accusato. Colpevole o innocente che sia».

A dare forza alla comunità cristiana del Paese, spiega ancora l’arcivescovo, è la solidarietà internazionale. «Abbiamo molto apprezzato la decisione di Acs di illuminare il Colosseo di rosso – afferma -. Queste iniziative mostrano all’Occidente che nel mondo vi sono cristiani che soffrono perché vivono in Paesi in cui non vi è una divisione tra religione e Stato. Quando sappiamo che voi conoscete la nostra situazione e pregate per noi, ci sentiamo incoraggiati e non più soli».

14 marzo 2018