Monni racconta “Le sette Rome”

Nel libro, pubblicato da Donzelli, le “29 mappe” della “capitale delle disuguaglianze”. «L’unica che non ha confini geografici definiti, quella degli invisibili. Sono dappertutto»

Il cassonetto della spazzatura semiaperto, sollevato solamente da un bastone di legno o da una cassetta di plastica. Un volto che si sporge dentro, quasi si immerge, alla ricerca di un avanzo di cibo o di un vecchio vestito da rivendere in un mercatino dell’usato abusivo. Quante volte ci sarà capitato di imbatterci in una scena del genere. Sotto casa, o anche nel centro di Roma. «Gli invisibili», li chiama Salvatore Monni, professore ordinario di Politica economica a Roma Tre. Il docente, insieme a Keti Lelo e Federico Tomassi, ha scritto il libro “Le sette Rome, la capitale delle disuguaglianze raccontata in 29 mappe” (Donzelli editore). Secondo il docente, l’Urbe è divisa in sette città. E una di queste, l’unica che non ha confini geografici definiti, è proprio quella degli invisibili. «Perché sono dappertutto – spiega Monni a Roma Sette -. È un problema che riguarda tutta la Capitale». Monni è stato uno dei relatori di uno degli incontri del percorso “(Dis)uguaglianze”, quello sull’abitare, che si è tenuto a maggio scorso a Bastogi.

Quali sono le altre?
C’è la città compatta, che comprende circa un terzo degli abitanti. È la parte dove ci sono i servizi e quindi si vive meglio. La città dell’automobile, che è poco servita dal trasporto pubblico locale. La città campagna, che copre circa il 52 per cento del territorio comunale, estendendosi principalmente nella parte esterna del Grande raccordo anulare. La città ricca, quasi il sedici per cento della popolazione, che corrisponde a gran parte di Roma nord. Poi c’è la città del disagio, che comprende le zone di edilizia residenziale pubblica e le aree ex abusive. Una zona dove i livelli di occupazione sono i più bassi della Capitale. Infine, c’è la città storica, dove vive solo il tre per cento delle persone.

Perché si sono create?
Nascere in un quartiere al posto di un altro significa avere più o meno chance. La vera emergenza della città è proprio in termini di opportunità, non tanto di reddito. Inoltre, Roma ha avuto una stratificazione molto veloce dal 1870 a oggi. Una trasformazione che descriverei spontanea (buona parte della città è cresciuta in maniera abusiva) e che ha determinato queste disuguaglianze. Senza dimenticare l’estensione ampissima del territorio che rende difficile la governabilità.

Come è nata l’idea del lavoro?
Abbiamo notato che nel dibattito sui problemi di Roma mancava quello cruciale: quello della disuguaglianza. Un tema che è emerso durante il periodo della pandemia, ma che già covava sotto le ceneri. Così dal 2016 abbiamo incominciato a raccogliere dati. Un lavoro dal quale è nato il sito Mapparoma.info dove periodicamente produciamo mappe che evidenziano le disuguaglianze. Nel 2021 abbiamo poi scritto “Le sette Rome”, nel quale le 155 zone urbanistiche sono divise per caratteristiche socioeconomiche.

E adesso?
Vogliamo continuare ad occuparcene. Nelle nostre ultime due mappe abbiamo iniziato a studiare tutti i censimenti. Perché è importante non solo fotografare, ma anche comprendere la trasformazione degli ultimi cinquant’anni. Un dato interessante è che più di 800mila romani (uno su quattro) si sono spostati fuori dal Raccordo, lì dove però mancano i servizi.

C’è il rischio che le città diventino più di sette?
Sono già più di sette. Ci sono periferie anche nelle zone più centrali di Roma.

28 ottobre 2024